Ready? (arriva il Super Bowl)

(sigla)

A fine novembre, è scattata l’ora X. Si è fatto il Game Pass, il comodo prodotto delle leghe Pro veramente Pro che ti permette di drogarti con tutte le partite in streaming.
Ci siamo appollaiati sul divano, facendoci venire gli occhi ovali, urlando di dolore per i duri contatti che vedevamo e urlando di puro gasamento per interventi difensivi magici, improbabili palloni persi, lanci millimetrici, ricezioni acrobatiche.
Abbiamo visto i playoff che han regalato incredibili rimonte, calci da tre punti che ammutoliscono stadi, battaglie nel gelo, pesci volanti, anche vittorie agevoli. Nelle finali di conference abbiam visto la partita a  senso unico vinta da Denver e la stupenda lotta all’ultimo lancio che ha qualificato Seattle per la partita dell’anno.
Il Super Bowl, domenica notte a New York.

(INTERVALLO)

All’angolo NFC: Seattle Seahawks, miglior difesa della lega.
14 punti e 274 yd concessi per partita.
Nell’angolo AFC: Denver Broncos, miglior attacco della lega.
37,9 punti e 457 yd realizzate per partita.
Le squadre più accreditate per il SB dall’inizio di stagione.
La miglior difesa contro il miglior attacco.
Un modo di dire semplice ma piuttosto efficace che funziona per gli sport di squadra, recita: l’attacco fa vendere i biglietti, la difesa fa vincere le partite.
Il Super Bowl è tutto qua.
Sarà vero? Riuscirà Manning a mettere l’anello come fiocco a una stagione strepitosa in numeri e risultati? Riuscirà la Legion of Boom, la temibile secondaria capitanata da Sherman (il tizio con le cuffie del video sopra, per chi non sa) a mettere le mani addosso ai lanci di Manning, portando Seattle a vincere il primo titolo della sua storia?
Seattle giocherà in bianco, Denver in arancione.

Sarà una partita bellissima, Manning probabilmente proverà a fare drive lunghi con tanti lanci corti per stancare la difesa avversaria, Seattle deve bloccare gli ingranaggi offensivi di Denver. e poi, gli imprevisti. Chissà, che sarà bellissima l’ho già detto, vero?
Il mio pronostico e un po’ di tifo vanno in direzione Seattle. Prima o poi Manning sbaglierà, in questi playoff non ha ancora incontrato tanta grinta, peso, fame di sack. L’attacco di Seattle con le corse di Lynch ce la farà a segnare, il QB Wilson convincerà ancora nonostante l’inesperienza.
La difesa fa vincere i campionati, vince Seattle, 24-21.
Noi siam pronti e stragasati, in questi giorni ci beviamo tutte le storie di questa partita come lo scambio di lettere fra piccole fans e il fullback di Seattle, legati dalla sordità. Potremmo perfino fare l’Omaha drinking game in onore di Peyton Manning, ma forse meglio evitare perché le quattro di notte voglion fatte per vedere l’ultimo lancio, l’ultimo attacco, l’ultima magia di questa bella stagione Nfl.

Ps1.: naturalmente il giorno dopo si parlerà del Super Bowl degli spot.
Ps2.: naturalmente il giorno dopo si parlerà dell’Halftime show. Suoneranno Bruno Mars (discreto gasamento, Oh Yee Yee) e i RHCP (zero gasamento).

Ps3.: come negli anni scorsi, scriverò un live post durante la partita, così uno, al lunedì mattina, bello fresco, legge il risultato)
Ps4:  gli altri post sulla postseason NFL, li trovi sul blog del gasamento sportivo Usa, ‘Baltimoodena’

palude di qualuude

wfwsIl film spinge fin dalla prima scena, #nanivolanti, sull’acceleratore dell’eccesso, narrando l’ascesa in dollari, azioni spazzatura e sostanze psicotrope di un broker e della sua banda di gangster in cravatta, affamati di soldi, droga, sesso, non necessariamente in quest’ordine.
Scorsese in forma smagliante, delizia con la sua bravura, spaventa con una morale mai visibile e diverte in una commedia nera sublime.
Potrebbe andare avanti per ore. Il problema è che lo fa. Dopo 140 minuti, sono andato in overdose, causa accumulazione e ripetizione. Da qua, il film dura tre ore secche, le scene fichissime proseguono (ho un mini trailer a velocità mille che mi passa in testa da ieri sera) ma si perde un po’ di intensità. Non un peccato, lo rivedrei domani, magari in versione originale per non perdere un fuck you. Venti minuti in meno, sarebbe perfetto.
Così resta un film imperdibile, dove Scorsese torna ad essere maestro e cinque altissimi a Jonah Hill e Rob Reiner.
Ed ora battiamoci ritmicamente il pugno sul petto, come indiani nella prateria, a caccia di prede. Auuu!

– il titolo del post fa riferimento a una droga usata nel film
– per chi ha visto il film
 qui c’è un video di fuck fuck fuck
– jonah hill è un figo

 

(untitled)

La prima volta che ho visto Claudio Abbado, era seduto in un palco, indossava un maglioncino rosso. Era venuto ad ascoltare uno dei suoi pupilli dirigere l’orchestra di giovani venezuelani che aveva contribuito a far nascere.
Il direttore dell’Orchestra gli dedicò una sinfonia, grato.
Il pubblico gli tributò un lungo applauso che Abbado accolse quasi imbarazzato con lievi cenni delle mani, grato.
La seconda volta lo vidi sul podio. Non aveva diretto il primo movimento della serata perché non stava bene. Era già ammalato, magrissimo, esile. Era marzo 2012 e ne scrivevo così: ‘La Chamber Orchestra suona divinamente, ogni passaggio ha un perfezione sonora che io non riesco a spiegare a parole ma gli alti e bassi dei fiati, gli ingressi dei violini, sono come sentirli su cd in impianto stereo B&O con cuffie da mille dollari, ecco. L’ospite intenditore in doppiopetto grigio di ottima fattura mi dice che con Abbado è sempre così’.
Me lo ricordo ancora. La purezza del suono, come una rivelazione, un’esperienza che ha lasciato il segno nel mio orecchio per poi fare clic da qualche altra parte dove la musica si connette nel profondo, così ora so esattamente cos’è la perfezione sonora.
Questo, almeno credo, è quello che fanno i grandissimi, lasciare un segno.
Un’eredità che sta nella bacchetta di un giovane direttore d’orchestra o nell’orecchio di uno che ha scoperto la bellezza nella musica classica a quarant’anni.
I miei ricordi sono briciole per rendere omaggio a un uomo che spero verrà ricordato a lungo. Chissà, magari già domani qualcuno si muoverà per salvare la sua Orchestra, sarebbe un bellissimo gesto.
Nel frattempo e per lungo tempo, ancora, Musica Maestro!

Palco n.25 OR.1/D (S03E03, the Magyar connection)

fotoVenerdì, riesco ad uscire prima e scattare nel grigio gennaio verso il teatro, per arrivare all’incontro del solista con il pubblico.
Ci si siede in platea, lui è in ‘borghese’, sul palco racconta di Sostakovic e del suo concerto che eseguirà nella serata. E’ lituano e parla l’italiano meglio di me, dopo avere studiato per anni a Imola. Sottolinea l’uso della classica come colonna sonora di film, specialità in cui il compositore eccelleva e questo concetto mi si pianta nella memoria saltando fuori ad ogni esecuzione, in un rimando tutto mio a film visti e non visti (vedi precedente episodio). Conclude dicendo che la musica parla da sè molto più di quanto possano fare le parole, che è una banalità ma anche una verità.
Nell’attesa del concerto coi pochi presenti mi sposto al bar del ridotto dove faccio un giretto, mi perdo in un paio di fantasticherie su fantasmi che abitano le sezioni del teatro di solito non visibili al pubblico, prendo un caffè e ascolto un signore che vorrei avesse un blog che parla di classica. Secondo me non ce l’ha, però intrattiene le sue due ospiti spiegando di come il pianista non abbia detto molto dell’opera e di come comunque il concerto sarà molto facile all’ascolto e divertente.
Spoiler: il signore la sa lunga.
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cronache da un certo disagio

icu‘Il capitale umano’ è un film che non dovrebbe piacere a nessuno perché mostra una parte di noi che non ci dovrebbe piacere.
E’ questa la sensazione di disagio che si prova durante la visione. E’ quella parte di noi che spesso nascondiamo, che vediamo sullo schermo e non ci piace.
Virzì non sbaglia un film, qua usa stereotipi riconoscibili, a volte esagerando per rendere caricatura il reale che comunque irrompe in noi spettatori che stentiamo a giudicare quello che accade sullo schermo, perché quelli lì, potremmo essere noi oppure li riconosciamo, li abbiamo come vicini di casa, di scrivania.
Il film, sussurra cose spiacevoli nell’orecchio, cose che sappiamo ma preferiamo spesso evitare di sapere, piccoli particolari come carezze mancate, sguardi killer, giudizi spietati,  che sfuggono subito ma che in realtà percepiamo come un ‘oh, siamo noi quelli‘.
Una borghesia di provincia spaventata, cinica, sempre più ignorante e ripiegata su se stessa, con un disagio che ormai non è più così sotto pelle. Forse, molto forse, ci salveranno i giovani.
Cast vincente per quello che difficilmente non sarà il film italiano del 2014. Da non perdere.

Ps.: E’ una sciocchezza la faccenda sollevata da qualche giornale scritto in un posto fiabesco chiamato padania (non metto link, Google è qua di fianco) che il film sia contro i lavoratori lombardi o contro la Brianza. Potrebbe essere ambientato pure sulle colline bolognesi, se piazza Affari avesse sede in via Indipendenza e non a Milano, dove uno dei protagonisti si reca al mattino presto per lavoro. E di teatri che fanno fatica ad andare avanti ce ne sono a bizzeffe, uno lo frequento io. 
Ps2.: Curiosità che non sapevo, il film è ‘liberamente adattato’ da un romanzo americano.

(cronache dalla piccionaia) un recap

Non è che si perdono le rubriche che hanno reso famoso questo blog. Eravamo rimasti alla prima in casa, contro Siena. Son passati tre mesi in cui si è continuato ad andare in piccio ma si è smesso di scriverne che non se ne ha sempre voglia.
Ammettiamolo e facciamo un recap della stagione.

pallacanestroreggiana on InstagramE’ finito il girone di andata. La squadra ha chiuso al settimo posto con un bilancio di otto vittorie e sette sconfitte. Le sconfitte sono arrivate tutte in trasferta con l’amarezza nel salire sul pullmino/treno di ritorno, le vittorie conquistate tutte in casa, tranne una a Pesaro. Il vecchio puzzolente scomodo Pala Bigi quindi come un fortino inespugnabile dove perdono tutte.  Motivi? La squadra è più sicura e sciolta e le squadre più forti del campionato, Siena a parte, si sono affrontate in trasferta.
Arrivando settima la squadra si è assicurata un posto nelle final eight di coppa Italia che si terranno a Milano. Naturalmente ci andremo, a vedere la partita contro Cantù. La Lega sempre sul pezzo non ha ancora confermato l’orario della gara, ma già si sa che sarà una bella giornata di basket con le quattro partite dei quarti tutte in fila.
La Grissin Bon, sponsor mangereccio che da il nome al team, nelle ultime due partite viste dalla piccionaia del fortino pare essere una signora squadra, sempre più in palla grazie a due fattori.
Il primo, un cambio nel roster, l’arrivo di un giocatore clamoroso in cambio dell’unico errore di mercato, il buon Karl, bravino ma che non era entrato per niente nello spirito del team. Invece, il signor Rimantas mostra che non ha vinto mille scudetti a Siena per niente.
La prima volta che l’ho visto giocare, al secondo pallone ha fatto un passaggio schiacciato a terra che ha squartato la difesa avversaria e pure i miei occhi che si sono aperti di felicità. Poi difende con passettini brevi e ringhiosi, a questo aggiungi un tiro da tre che giocarci contro a zona diventa rischioso e insomma è un giocatore superiore come intelligenza cestistica e capacità.
Meno intelligenza e una esplosività non ancora espressa ce l’ha l’americanone White, che fa bene ma potrebbe fare di più. Cinciarini sta mostrando di essere il migliore play italiano con una sicurezza nei suoi mezzi assoluta. Gli altri si confermano nelle loro qualità mentre nelle ultime partite invece sta salendo di rendimento il buon Riccardo Cervi, pivottone di 2,14 con problemi di auto stima e di mobilità che però nelle ultime partite sta mostrando che con un po’ di confidenza nei suoi mezzi e più grinta sul parquet, può stupire i criticoni della piccionaia, fare notte in area con quelle braccione e giocare bene sopra il ferro.
In prospettiva, solo buoni segnali, per il girone di ritorno dove la squadra dovrebbe confermarsi nelle prime otto.
Io dico che addirittura (bisogna sempre fare i conti con l’abito, a volte mentale, spesso scaramantico, da provinciale, ma in questi due anni di A1, squadra e società hanno mostrato di non esserlo affatto) la squadra salirà di qualche posizione perché la chimica è sempre buona, gli scontri diretti con le altre pretendenti playoff saranno in casa, quindi, la faccio facile, basterebbe prendere qualche punticino fuori in più.
Una cosa sola sul palazzetto. Fa una tristezza inaudita vedere come la gente delle tribune non migliori mai. Contro Avellino, partita decisiva per il viaggio di coppa al Forum, partita vinta già alla fine del primo tempo, sopra di trenta e con avversari in stato confusionale, un paio di fischiate contro i biancorossi, gettavano nella stupidità vari spettatori dei distinti da mezzo millino di euro, che si esibivano nel lancio di carta in campo.
A sta gente, che quando vince vuole stravincere e quando perde la squadra diventa scarsa o la colpa è degli arbitri, bisognerebbe prendergli la targa e sfilonarli un po’, che insegnargli a vincere con stile mi sa difficile. Molto meglio i tifosi di Avellino, tanti e passionali che abbandonano il palazzetto sotto di trenta con coro ‘Meritateci’ rivolto ai loro giocaotri. Ci tenevo a dirlo, che son preciso.
A presto dalla piccionaia dove fa sempre un caldo impressionante, ancora di più in questa stagione dove il sold out è una costante.

Ps.: ah, e l’Europa? Eh, l’Europa procede. Il mister (grazie mister, sei nei nostri cuoricini) dice che la manifestazione fa bene al team. Siam d’accordo. Ha vinto anche ieri sera nella prima gara della seconda fase che porterà alle sfide finali. E’ una bella stagione, lo sarà fino alla fine, comunque.

(photo credits: account instagram della Pallacanestro Reggiana

la maglia, la Regia, la marcia per la maglia della Regia

‘Per noi vecchi presidenti lo sport è stato romanticismo, passione schietta  e oggi non possiamo accettarlo come affare e come veicolo pubblicitario. Ben vengano gli altri presidenti, noi ce ne andiamo.’
Era il 1958. Renato Sacerdoti lasciava la presidenza della As Roma con queste parole.  (fonte: #daje-il manuale di chi tifa Roma, Fandango 2013)
Nel 2014, negli Stati Uniti, culla dello sport come affare e veicolo pubblicitario, chiude il Candlestick Park.
Gli abitanti di San Francisco per vedere la loro leggendaria squadra di football dovranno dalla prossima stagione farsi una cinquantina di km a sud per entrare nel nuovo stadio della squadra. Il ‘Levi’s stadium‘.
Come si legge in questo articoletto del Wall Street Journal  lo stadio avrà 165 luxury suits e 8500 club seats che faranno la gioia del cassiere e degli sponsor.
Prendi le frase di un presidente di un’epoca antica, prendi uno stadio all’avanguardia nella realizzazione e nel ‘business plan‘, mescola e, incredibile, in mezzo ci siamo noi.
Noi che siamo i tifosi della Reggiana Calcio. Stretti fra un amore assurdo per la maglia, nonostante anni di continue frustrazioni, e le esigenze del business sportivo moderno.
La Reggiana, riassumo per chi non sa, aveva uno stadio di proprietà, il primo in Italia, pagato anche coi soldi delle sottoscrizioni dei propri tifosi negli anni novanta. Dieci anni dopo la prima partita in quello che si chiamava Stadio Giglio, la Reggiana fallì per una serie di vicende che non stiamo a rivangare, ripartendo dalla C2. Oggi, da un tempo immemore, naviga a vista nella LegaPro.
Lo stadio, a settembre ha cambiato nome.
La Mapei è una ditta di collanti che ha comprato e sponsorizza il Sassuolo Calcio, squadra che da quest’anno gioca in serie A e che non potrà mai giocare nello stadio della sua cittadina per questioni di capienza. L’anno scorso giocava a Modena, poi per vari problemi, ma col senno del poi, per un’opportunità enorme, appunto a settembre firmò un accordo con la Reggiana per l’affitto dello stadio che ha preso il nome di ‘Mapei Stadium-Città del Tricolore‘. Il suffisso, come un contentino per i locali.
La Mapei, a sorpresa, dopo aver dichiarato che mai avrebbe comprato lo stadio – ma si sa, chi ha i soldi è pure un po’, come dire, furbo – il giorno delle buste per l’asta pubblica (lo stadio era di proprietà del tribunale dopo il fallimento) ha presentato la sua offerta che, forte del fatturato di una multinazionale, è stata ovviamente più alta dell’offerta presentata dall’attuale proprietà della Reggiana.
Da quel giorno sui giornali della provincia, in rete e nel bar della curva, si è parlato molto della questione e del futuro della Reggiana. (qua c’è un articolo del migliore opinionista reggiano che sintetizza bene due cosette)
Futuro che sta a cuore soltanto a noi tifosi. Questo non è un parere ma la verità dispiegata in anni, una verità che chiunque segue la Reggiana allo stadio sa. I tifosi per far sentire la loro voce hanno organizzato una marcia per ribadire il loro attaccamento alla maglia e cercare di sensibilizzare l’amministrazione e non solo, sulla questione.
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Eravamo al Mirabello, schiacciati contro l’inferriata mentre Andrea Silenzi ci si aggrappava dopo aver volato. Eravamo a S.Siro a gioire per quella traiettoria calciata da Esposito. Eravamo a Cremona in quella curva bellissima e caldissima nel playoff contro l’Avellino. Eravamo sul campo di Castelnuovo Garfagnana ad abbracciare i ragazzi dopo la giornata della promozione dalla C2. Le sconfitte non le riportiamo, che son troppe, ma le ricordiamo, l’ultima pochi giorni fa, in casa, contro il Sud Tirol.
Ci siam sempre stati e ci saremo anche l’undici gennaio, anche se in parte non condividiamo il comunicato con cui gli organizzatori (bravi!) spiegano le ragioni della marcia. (il comunicato lo puoi leggere qua)
La critica al silenzio imbarazzante della amministrazione comunale ci vede d’accordo per quanto riguarda l’ignavia del passato, oggi il comune, secondo me, poteva fare ben poco nelle ristrettezze economiche in cui versa, come tutti i comuni della nostra provincia e non solo.
Il grande problema è sempre stato l’immobilismo degli imprenditori reggiani. Oggi, pare che qualcosa si stia muovendo, l’arrivo di nuovi soci che mostrano interesse e voglia è sicuramente una cosa positiva.
Quello che non condivido è questa frase del comunicato: ‘Ci resta pertanto al momento soltanto la speranza che il Sig. Squinzi decida di investire denaro nella nostra A.C. Reggiana‘.
Ecco, niente ‘Sig.Squinzi’. Non vorrei che vedere l’unico con dei soldi veri faccia perdere di vista il senso della marcia che secondo me, è splendidamente romantico. E’ una cosa bellissima mostrare l’attaccamento ai colori di una città e speriamo di essere in tanti. Poi incrociamo le dita. Noi tifosi granata siamo degli splendidi perdenti, sportivamente parlando, che fanno quello che possono.
Urlare a squarciagola ‘Sono granata al 100% e mai nessuno mi fermerà’, sperando che qualcosa si muova, sperando di non rimanere così soli come siamo stati in questi anni, magari che il nuovo vice presidente Compagni & Co. trovino altre persone che si impegnino nella gestione della squadra.
Però sperare che un imprenditore milanese, con il business nel territorio delle piastrelle, che ha portato una squadra senza un seguito allo stadio di Reggio Emilia per pura convenienza, possa investire soldi nella nostra squadra, non mi piace.
E’ un’ analogia un po’ forte ma piuttosto che avere un padrone distratto che mi tira un osso, preferisco andare in serie D al Mirabello.
Oppure forse dovrei abbandonare io, come il presidente della Roma nel ’58, troppo romantico per approvare le necessità del calcio moderno applicate alla mia squadra.
Adesso ci penso se abbandonare, ma la vedo dura. Ahimè, mi piace ancora andare allo stadio a vedere partite bruttarelle e ad esultare come un semo per un gol di un giocatore scarso.
Ci vediamo alla marcia, speròm bein.

Walter, Jasmine, Irving (con riporto di uno)

mWalter lavora nell’archivio fotografico analogico di ‘Life’ mentre arriva un cambio di proprietà, cerca la morosa ‘on line‘ (non una cosa così strana, nel 2014) e sogna duro ad occhi aperti fin quando (aperte virgolette) la vita (chiuse virgolette) non lo costringe a darsi una mossa.
Una favoletta sospesa fra la commedia romantica, il film d’azione, la critica sociale all’acqua di rose, un pateracchio con buone intenzioni ma scarsi risultati dove si salvano le immagine magnifiche di location particolari che avrebbero meritato un film più a fuoco. Una specie di matrioska, con tre film in uno ma purtroppo nessuno dei tre risulta alla fine convincente con il finale che viene pure penalizzato anche da un problema insolvibile nella traduzione della battuta principale del film, ma pazienza.
Colonna sonora con cuoricino indie fra Arcade Fire e Jose Gonzalez. Provaci ancora, Ben.

blNon sono un fan di Allen, né ho visto tutto i suoi film. Mi pare però che il ritorno alle ambientazioni americane abbia fatto bene al regista che si affida completamente a una strepitosa Cate Blanchett (che minimo dovrebbe essere nominata a tutti i premietti che arriveranno a breve) nella parte di una donna in durissima crisi che cerca riparo presso la casa della sorellastra e in parecchi confetti di Xanax.
Mentre guardi le splendide immagini della SF bay area puoi leggerci piccole metafore occidentali sulla borghesia o sull’amore e le sue necessità, oppure godere dei dialoghi che avviluppano la storia. Si sorride, si simpatizza, si soffre pure. Cast perfetto che vede oltre alla Cate, il sempre nostro Alec Baldwin e il bonus di Louis ‘maestro di vita‘ CK, quasi un premio di Allen al miglior (dicono) stand up comedian del momento. Da vedere.

ahIl primo film visto in sala del 2014 era molto atteso e non delude le aspettative. David O.Russell raduna la band delle sue prove precedenti (The figther, Il lato positivo) e gira un film ambizioso. Ambientato a fine settanta, con grande sfoggio di ottimi costumi, stupende capigliature (Oscar assicurato per Migliori Acconciature) e altrettanto ottime scollature, la vicenda narra le gesta di una coppia di truffatori. E la faccio breve, che il bello è scoprire la vicenda e i suoi meccanismi.
Semplificando, è una specie di incrocio fra ‘La stangata‘ con meno classe e ‘Quei bravi ragazzi‘ con meno sangue.
Il racconto è abile, si destreggia bene con un tono che propende deciso per la commedia e nonostante un paio di cadute di tono che coincidono con il voler, diciamo, rendere omaggio a certi modelli, si fa apprezzare.
Intorno all’ottimo Christian Bale si muove un cast di alto livello e di notevole fighezza percepita (e anche qua c’è Louis ‘maestro di vita‘ CK, altri punti in più).
Da non perdere.

(bonus: con disappunto estremo, mi sono accorto di avere dimenticato qualcosa nell’elenco dei film da ricordare del 2013. A mia discolpa, non ne avevo scritto né qui, né su twitter, mea culpa. Rimedio, rendendo giustizia a ‘Behind The Candelabra‘. Film tv realizzato dalla benemerita HBO che da noi è passato come un lampo. Racconta un pezzo della vita di Liberace, pianista ed entertainer americano attivo negli anni sessanta e della sua relazione con un ragazzo molto più giovane. Michael Douglas è strepitoso, come lo sfarzo degli interni. Il film è leggero ma non banale e mi ha pure commosso nel finale. Recuperatelo, contiene anche ottima musica per piano e piume)

Palco n.25 OR.1/D (the New Year’s Eve Special)

foto

A sorpresa, una puntata speciale del ‘Posto Palco’.
In trasferta e per l’ultimo dell’anno.
Nel maggio 2012 Carpi, come tutta la zona della bassa modenese, fu colpita dal terremoto.
Ancora oggi se vai nella Piazza Martiri, vedi che il duomo è in fase di ristrutturazione.
Il teatro invece è stato riaperto a fine novembre e ieri sera c’è stato il concerto di Capodanno.
Il concerto è uno dei due (due?) eventi di musica classica che hanno l’onore di passare sulle reti nazionali. All’ora di pranzo, circa, da Vienna e, da pochi anni, addirittura un bis, in concorrenza con l’appuntamento viennese, dalla Fenice di Venezia.
Per tanti anni, da bimbo ma non solo, con mia madre si è sempre fantasticato su come sarebbe stato bello, una volta nella vita, partecipare al concerto. Ieri sera, anche per conto suo, ma lei il freddo non lo sfida, perlomeno ho ascoltato alcuni dei brani classic capodanneschi dal vivo, ma andiamo con ordine.

La trasferta del ‘Posto Palco’.
Arrivo presto, faccio il biglietto prenotato, classicamente in un palco a spiovere sul proscenio. Faccio un giretto per il centro di Carpi per farmi brinare le mani, poi entro. Nel palco un signore di novant’anni mi saluta. Leggiamo insieme il programma che lui non l’ha preso.
Bernstein, Gershwin, Strauss. Perfetto.
L’orchestra esce in ritardo di mezz’ora abbondante, pare per un malore che ha colto qualcuno dietro le quinte. La platea si riempie e rumoreggia ma tutto sommato pazienta, come il mio novantenne che mi racconta di un paio di concerti di qualche anno fa.
Eccoli. L’orchestra è la ‘Sinfonica Guido d’Arezzo’, quaranta elementi con un parterre di violiniste giovani e fascinose. Una di queste si presenta in minigonna nera e sandalo dorato senza calze, è Capodanno per tutti. Da segnalare anche la presenza di un contrabbassista con capello afro e baffo spiovente che vince il premio del look on stage.

L’allegria per la fine dell’anno.
Pronti, via. Bacchette che rullano e parte un medley di ‘West Side Story’ con tre delle arie più famose, remixate dall’orchestra (una cosa simile a questa) per finire coi violinisti che urlano ‘Mambo!’. (un ‘Mambo!’ bigger than life, è qua, se non hai mai ascoltato o visto ‘West Side Story’ pentiti amaramente e provvedi subito). Gasamento nella platea.
Cambio di palco col mio novantenne che si agita ma lo placo subito. ‘Mettono il pianoforte‘. E infatti. Arriva il solista e l’orchestra esegue il ‘concerto in Fa‘ di George Gershwin. Tre movimenti con molto ritmo e intermezzi pianistici, un saliscendi emozionante e intenso. Mi riprometto di diventare espertissimo delle composizioni di Gershwin e mi pare un ottimo proponimento per l’anno nuovo.

(mentre c’è l’intervallo, ascoltatela)

La platea.
Faccio un giretto per ammirare il teatro dalla platea. Molto bellino e ben curato coi corridoi dove uno alto come me deve stare molto attento a non zuccare e con un sacco di luce. Palchi un po’ scomodi se si è in più di due, ma pazienza. A parte due ragazze sui trenta che passano l’intervallo a spararsi dei #selfie, l’età media è sui sessant’anni e ci sta.
Naturalmente il pubblico ha scelto con cura l’abbigliamento. Il nero domina, vedo un paio di stole e di pelliccione e ho contato una decina di farfallini indossati da signori eleganti, uno molto bello, arancione a pois bianchi super classy.
Premio della serata però a una clamorosa sciantosa cinquantenne che sfoggiava un vestito rosso che terminava come in un tripudio di sbocciamento di rose. Scarpa rossa tacco dieci d’ordinanza, nella scollatura un diamante da non so quanti carati, abbinato a orecchini e anellone con noce bianca. Capello biondo raccolto alla Ivana Trump, sguardo da ‘ammirate, inferiori‘. Al braccio marito con gel nel capello e impagabile giacca coi lustrini su braccia e spalle, una meraviglia di sobrietà, abbinata a mega classy cappotto con interno maculato. Applausi assoluti.
Torno dal mio vecchietto che invece ha i pantaloni di velluto sformati e un maglione rosso festa che gli dona un sacco.

Il valzer per entrare nel 2014.
Nella seconda parte il teatro prende il volo e si deposita a Vienna.
Ascoltiamo quattro composizioni dei signori Strauss. Partenza doverosa col Danubio Blu, seguito a ruota dal valzer che non sappiamo come si chiama ma lo conosciamo tutti (Fruhelingsstimen Walzer-voci di primavera), poi il Kaiser Walzer. Cose che tutti abbiamo ascoltato ma che al buio del teatro assumono un suono diverso naturalmente e pure una forma migliore, senza primi piani di composizioni floreali.
Ovviamente mi partono immagini di balli campestri e sceneggiature ottocentesche ma tralasciamo che ho già dato.
Mentre ascolto mi sovviene di cosa penserebbero gli Strauss della svolta emiliano-romagnola del valzer ma tralasciamo anche qua.
Il direttore d’orchestra esce con un violino e insieme ai suoi fidati si esibisce nella Pizzicato Polka che è cosetta divertente e fa preludio alla Radetzy March.
Il pubblico è così ansioso di replicare il concerto vienenese che sbam! appena parte il pezzo inizia a tenere il tempo applaudendo. Il direttore fa un cenno che è un segnale grosso di ‘CALMA’ ma poi sta al gioco e chiama l’applauso dando il tempo giusto al pubblico. Il mio vecchietto ha un sorriso che lo ringiovanisce di vent’anni e tiene il tempo picchiettandosi una gamba.
Bis, ancora una Radetzky March e poi via. ‘Possiamo andare a casa, buon anno‘ mi dice il vecchietto. Lo saluto e sì, possiamo andare.
Il valzer viennese mi lascia un sorriso enorme in faccia mentre fuori il freddo picchia e i botti iniziano già a sentirsi.
A proposito, buon anno a tutti.
Parappà-parappà-parapà-ppà-ppà. 

Previously on ‘Palco n.25 OR.1/D

Next, on ‘Palco n.25 OR.1/D’: chamber orchestra with soloist, Yeee!