so long, and thanks for all the posts

Oggi chiude Splinder. E’ un’infamata però è così. Il mio primo blog era su Splinder e lo cancellai perchè mi vergognavo. Pensa te. Poco dopo ne aprii un altro. Un posto per scriverCI.
Il primo post era del febbraio 2005. Una recensione di ‘Sideways’. Mi era piaciuto. In mezzo, tanti post su “country boyz“, trasferte sportive, serate e incontri, tentativi letterari in blog, musica e cinema.
Lo chiusi tre anni dopo, febbraio 2008. Con una citazione dei ‘Baustelle‘. Esagerato.
In quegli anni mi sono appassionato ai blog. C’era gente fichissima su Splinder. Valido, Insegna Provvisoria, Monterey, Sciampagnino, MilNyc, TrentaMarlboro, Confuso e tanti altri che sicuramente dimentico. C’era bella gente che poi ho avuto la fortuna di conoscere (Kappler, GingerTea, Tigra, Parmachiara, OneForThePot). Alcuni hanno abbandonato la scrittura per blog, altri ancora sono migrati quassù o in altri lidi, per fortuna.
E niente, mi sembrava giusto dedicare due righe, un piccolo epitaffio, al posto che mi ha ospitato per tanto tempo.
Non l’ho salvato, ho copiato qualche post che rimarrà in una cartella a prendere polvere.
E, io mi diverto ancora a scrivere dei post. Anzi, forse mi diverto di più.
Bè, so long Splinder. And thanks for all the posts.

M:I Not

E guarda che io c’ero andato carico. Non che avessi ricordi memorabili dei precedenti, ma perchè, beata ingenuità, spero sempre che l’industria hollywoodiana possa essere capace di coniugare le esigenze produttive di un film simile che deve piacere a tutti con una certa, non ‘autorialità‘ perchè sarebbe eccessivo, ma con almeno della personalità.
Speravo nella chiamata di Brad Bird, regista di filmoni targati Pixar.
E invece, l’esperimento non riesce. Probabilmente perchè il vestito su cui il sarto doveva lavorare è troppo ‘strutturato‘. Asole, revers, spacchi precisi, taglio classico con una spruzzata di moderno. Magari un colore lucido. Come il meraviglioso abito che indossa Cruise a Dubai (peccato vederlo rovinato dopo un’inseguimento, non si rovina così un vestito simile). Fuor di metafora sballata, il film necessita dell’eroe, della spalla comica, della bellona, del nuovo amico, di product placement grandi come città esotiche e di scene d’azione sempre più lunghe ed ‘enormi’, scintillanti di presunti ‘whoa!‘.
Forse il modello è superato e seppur tirato a lucido non gira più bene, forse sono io superato.
L’inizio è buono e promettente, la prima missione risulterà al termine la migliore, poi è una lenta ma costante parabola discendente che più prosegue la storia più ci si diverte meno. A Bird riesce bene nel gestire i momenti più ‘meccanici’ (già, quasi ‘cartoonistici’) dell’azione  (la prigione, il cremlino, il garage) molto meno la resa dei momenti ‘emotivi’, non aiutato da interpretazioni banali e con un finalino che è al limite dell’imbarazzante. Altro momento d’imbarazzo è l’inizio della parte di Mumbai, dove aleggia il fantasma del ‘jamesbondismo’ più becero.
Il tizio dietro di noi gasatissimo all’inizio che commentava ogni scena con vigore ed entusiasmo si è afflosciato pure lui, la ragazzina di fianco a me ha iniziato a sparare sms e il film dura troppo ed è una delusione.
Fra il cinque e il sei” vota con giustezza il mio pard sui titoli di coda. “5.2” sparo io, fin troppo sprezzante.
Tom, mi perdonerai, ne son certo (tanto il quinto capitolo è già lì, lo vedo quasi pronto…)

Ps.: poi, figurati, io dico che la scena della scalata del grattacielo è la meno bella fra le scene ‘action’…

Palco n.25 OR.1/D (Pt.V, Baroque-Me)


Programma
: musica barocca, Mister Haydn

Il mood: questa orchestra nasce nel ’79 dall’idea del direttore. Sono musicisti con PhD in musica barocca che si trovano ogni anno e partono per delle tournèe dove fanno ascoltare questo ‘genere’ ai loro pubblici. A me è toccato Haydn e le sue sinfonie londinesi scritte a fine mille settecento.
Vai, con l’estratto-spiega dal libretto d’accompagnamento alla serata: “Quest’uomo meraviglioso che è lo Shakespeare della musica e il trionfo dell’età nostra è condannato a vivere presso la corte di un meschino principe tedesco che è incapace di ricompensarlo nella giusta misura ed è al tempo stesso indegno di tanto onore. Haydn la cui semplicità è pari alla sua grandezza, è rassegnato alla propria condizione […] si assoggetta al temperamento dispotico di un gretto signore e agli umori furenti di una moglie brontolona. Non sarebbe un’azione meritevole come un pellegrinaggio, se qualche giovane ambizioso andasse a salvarlo dalla sua sorte facendolo trapiantare in Gran Bretagna, il paese per cui sarebbe fatta la sua musica? [The Gazetter  New Advertiser’, 17 gennaio 1785].
Ciò, accadde. Un violinista e impresario dalla perfida Albione lo andò a prendere dopo la morte del principe nella tetra europa centrale,  e lo portò nella grigia Londra dove il compositore scrisse le sue sinfonie ‘londinesi’ appunto.
E’ già una sceneggiatura. Oscar secco.

Orchestra: La formazione è composta da undici violini, due viole, un contrabbasso, dieci fiati, un percussionista. E il direttore solista. Sono una piccola orchestra, hanno strumenti che mi sembrano d’epoca. Le trombe sono più lunghe di quelle ‘normali’, gli altri fiati sono scuri e mi sembrano di legno, anche i timpani sono più piccolini. L’ensemble ha ovviamente meno potenza di una ‘normale’ orchestra, ma non è necessaria, ha scarsa epicità, ma non è richiesta. Ha però passo svelto e bello slancio e sorrisi mentre eseguono. Le signore sul palco sono più serie e hanno acconciature inaccettabili, un paio hanno perfino mullet lunghi che fanno molto Olanda e anche anni ottanta, gli uomini invece sono più ordinati, tutti stretti in frac con papillon bianco, molto classico, piuttosto sexy oserei. Anche il maestro ha il frac, un po’ stretto e coi pantaloni un po’ corti.
E’ un omino basso e simpatico che dirige con le mani aperte e la bocca che si spalanca durante i ‘Tutti’ e all’inizio delle esecuzioni come ad attirare verso sè la musica, come a urlare un silenzioso ‘Orsù, miei prodi‘ allos tesso tempo gentile e perentorio. Gli brillano gli occhi mentre dirige, a volte fa piccoli balletti saltellanti sul posto.

Violino dell’amore: l’unica violinista under quaranta, lasciata sola in fondo al pack dei violini, alta, pallida e coi capelli raccolti. Da segnalare anche un violinista che farebbe secche molte di voi lettrici (per dire). Capello brizzolato, sguardo magnetico, esuberanza nell’interpretazione, smorzata da un sorriso storto ma simpatico.

Me & la musica: La prima sinfonia è coloratissima, fra un valzer festoso, una partitura solo violini e il finale di allegria estatica. Per il secondo brano il maestro si siede all’organo che sembra un tavolo di legno chiaro con intarsi dorati, un tavolo per un avvocato lillipuziano. Al suo fianco, il giratore di pagine, personaggio eccezionale (vedi anche cap.IV) che mi strappa sempre un sorriso. E’ un concerto per organo e orchestra, bello ma non memorabile. Il suono dell’organo e certi passaggi rapidissimi a tratti mi ricordano qualche musica da videogame, meglio eseguita e coi violini dentro (tipo: Mario Bros. Theme)
Intervallo.

Si riprende con il secondo episodio delle sinfonie londinesi,
La sinfonia è molto bella e come sempre accade con le piccole orchestre penso che fossi stato re o principe nel milleottocento avrei preparato una mega stanza in mezzo alla reggia/castello/villa e avrei tenuto tutti i musici lì a suonare 24/7 e via andare.
Al termine del ‘Presto‘ finale il maestro fa una corsetta verso un clavicembalo nero che sembrava facesse solo da elemento scenografico e spara venti secondi di assolo pieno di note per poi tornare al suo posto e concludere col classico ‘Zaaaammmm Zaaaaammm‘ il concerto. Gioia, applausi, evviva. (questi poi girano l’Europa con un clavicembalo che è tipo un pianoforte nano, che suonano per venti secondi a sera e questa cosa è molto bella se ci pensi)

Momento riderone: il finale di concerto, la corsetta e il clavicembalo, viene bissato. Matte risate sopra e sotto i palchi.

Oscar nel pubblico: Ci sono tutti gli habituè. C’è il contestatore dei colpi di tosse (vedi sempre cap.IV), c’è la coppia di super anziani che criticano e commentano vicinissimi come se preparassero una cospirazione, c’è la signora anzianissima con gli occhiali da sole che sta nell’ultimo palco sopra al palcoscenico, sempre in penombra come una sfinge misteriosa, ci sono i miei vicini di palchetto, la cougar riccioluta col marito direttore di qualcosa che scendono in platea a fare public relations, ci sono le signore col cappellino fisso (una stasera sfoggia zuccotto di lana con paillettes) però niente di particolare da segnalare direi, se non un generale mood di soddisfazione e allegria sparsa

Bonus quote: “Sono tanto pochi gli uomini felici e soddisfatti quaggiù – da ogni lato le preoccupazioni e il dolore li inseguono . che forse un giorno il mio lavoro sarà una sorgente da cui gli uomini oppressi dalle ansie e chini sotto il peso della vita deriveranno qualche momento di riposo e sollievo” Haydn.

Per appassionati: il magico libretto, il programma di sala, si trova qui. Cenni storici e vivisezione musicale. Manna per esperti, spesso buco nero per ignoranti di musica e partiture musicali. Uno come me, per esempio, che legge (un estratto a caso) questo capoverso:  “Gli sforzati collocati sui tempi deboli della battuta, insieme al cromatismo sottilmente insinuato tra le parti e all’indicazione agogica allegretto, sollevano il movimento da ogni sospetto di stereotipia.” e pensa “Eh?!” oppure “ma boh“.
Poi invece ascolto la musica e penso “ah, magata“.

Prossimo appuntamento: violoncello e giovani orchestrali

Previously on ‘Palco n.25′l’inizioil pianoforte, Venezuela Winla sonata.

Sartoria d’espionage

Uno dei miei cavalli di battaglia degli ultimi tempi è la frase ‘Al giorno d’oggi non si può non sapere cosa si va a vedere al cinema“. La frase ha un inizio da tipico anziano col ditino ammonitore ben alzato e, sarò supponente, ma con l’internet sempre acceso e ogni quotidiano/rivista che ha una rubrichetta di cinema, uscire per andare a vedere un film muto senza saperlo è inaccettabile quasi quanto andare a vedere un film di spie credendo di vedere l’ennesima puntata di Bourne, senza immaginare che Gary Oldman in occhialone e completo che campeggia sulla locandina non possa dare molte speranze alla possibilità dell’azione.
Difatti ‘La Talpa‘ è un elegante thriller di spionaggio dove le spie non hanno il fisico, il fascino, le armi, le macchine, l’atletismo di uno 007 o di, ripeto, Bourne.
Sono travet iper addestrati che hanno studiato almeno un paio di lingue (russo, obbligatorio), hanno una vaga tendenza alla fobia con surplus di cospirazione e qualche brama di potere mentre operano all’interno di uffici grigi dove regnano sguardi troppo curiosi e rigide procedure. In più, queste spie hanno grovigli di sentimenti repressi che non riescono a portare con la stessa nonchalance con cui portano valigette cariche di dossier e segreti.
Sono spie antiche, di un tempo che fu, primi anni settanta, piena guerra fredda, impero sovietico uguale paurissima e gli inglesi si vestivano con bellissimi gilet. Le immagini danno un look freddo alla pellicola che è sì fredda e razionale nel raccontare il gioco di spie (che è complesso, si muove su più piani temporali e in varie nazioni con notevole ammontare di nomi, informazioni e doppigiochismi che io, lo ammetto, mi son perso un passaggio) però sotto l’apparenza, quando le tessere vanno al loro posto e si fanno i conti anche col passato, il film implode e diventa bellissimo con il finale che è un vero gioiello.
Un punto in più per il rigore formale con cui è costruito il tutto senza concedere nulla allo spettatore disattento, nemmeno una piccola spiega, nemmeno una sovrimpressione, neanche un bignamino coi nomi o il montaggio rapido (quello che c’è di montaggio funziona benissimo, raccontando molto) che ricapitola tutto. No, niente, stai lì, fermo e segui e se non capisci, amen non ti verrà rispiegato.
Ripensandoci, è difficile restare così attenti, forse, solo una teoria, anche perchè bombardati, noi spettatori anche di blockbuster, dalla ‘spiegonite acuta‘ di molte pellicole che vediamo.
Gli attori sono una serie di califfi che tutti insieme fanno ‘Boom‘ e sguardi che ti tagliano in due. Menzione d’onore a Gary Oldman misuratissimo e intenso e Tom Hardy , in un bel ruolo dove non mette mai in mostra i pettorali.
Tutto bene quindi? No, perchè non lo consiglierei a molte persone che conosco, il film rischierà di fare addormentare molti, il ritmo è quello di un lento ballo e nella prima parte dove i pezzi vengono sistemati sulla scacchiera, fatica ad avvincere. Occorre uno sforzo per entrare nel gioco poi ne vale la pena, fino all’ultima inquadratura, elegantissima e potente.

Update: leggi anche per approfondire gli appunti di byronic sul film (in inglese)

Jeff, meet Fabio

Stamattina stavo aspettando della roba in un posto.
Il posto era un magazzino enorme. Una specie di hangar illuminato a notte bianca da file di neon, ricambi di acciaio lucido allineati su strutture metalliche, sirene strozzate sopra a robottini panciuti e agili che si muovevano su corsie di colore giallo intenso, tizi silenziosi col cronometro interno già settato sul venerdì e tizi fischiettanti che spostavano robe. E un piccolo altoparlante da cui usciva una stazione radio. Radio DJ.
C’era un tipo dietro al bancone dell’hangar che parlava a un cellulare con un vocione fortissimo e un accento super siciliano e io ero concentrato su questa vociona che mi chiedeva cose e sui documenti che avevo. Mentre parlavamo parlava anche il dj. Riconoscevo la voce, quella di Fabio Volo. Dopo poco passa un pezzo quasi in simultanea con la partenza del tipo col vocione verso la struttura metallica e il robottino pronto a prelevare il mio pezzo di acciao scintillante.
Un brano dei ‘Wilco’. Gran botta di culo. Mentre fischietto il pezzo cerco di ricordarmi come si intitola ma sto invecchiando forse e comunque ho sempre avuto difficoltà a ricordarmi i titoli dei brani. (guarda, ce l’ho lì eh, sulla punta della tastiera ma niente, non mi viene).
Fabio Volo mi sta più simpatico che antipatico. Mi stan simpatici anche i post che distruggono i suoi libri. Penso siano un po’ eccessivi perché basta frequentare gente – la maggioranza della – che non è usa frequentare blog e rete che non sia quella degli status coi cuoricini di Facebook per settare il suo pubblico.
Fabio Volo è un facile bersaglio, scrive romanzi con le frasine giustamente romantiche, adatte a fare presa sul suo pubblico. Quindi, nessun problema.
Di libri di Fabiuzzo nostro ne ho letti tre, per colpa di una mia fissa che leggo sempre il libro più venduto dell’anno nel paesello. Il (suo) primo mi era pure piaciuto, lo avevo trovato onesto e pure simpatico, il secondo, mmh, il terzo, sciò. Come detto, a me sta benone che la gente legga Volo, che è importante leggere i libri. Certo, mi piacerebbe molto di più se non leggessero solo quello, ma il discorso viene lungo.
Tornando al mio magazzino mattutino, al termine del brano (oh, non mi viene il titolo) Fabio dice questa frase:
Questo ragazzo che canta si chiama Wilco”.
Dalla testa mi esplode un fumetto enorme con scritto a caratteri cubitali “WTF!?!” e anche “NOT“.
Il tizio con l’accento siculo intanto è arrivato col mio bel pezzo di acciaio cromato. Lo guardo con l’aria ferita, come se qualcuno mi avesse appena pugnalato in mezzo alle scapole.

Ora, Caro Fabio, conduci un programma radiofonico che presumo sia molto ascoltato, vendi migliaia di copie di libri, fai i film e piaci alle donne (me l’han detto di un tuo incontro pubblico con signore accaldatissime in sala).
Tutto questo però non ti giustifica dal non essere preparato. Anzi, il contrario. Anche perchè ‘Google’ è lì bello comodo e sempre aperto.
Il cantante dei (è una band) ‘Wilco’ si chiama Jeff Tweedy. E’ un grandissimo, è quel signore che suona all’inizio del post, ha scritto almeno due canzoni che ascolterei fino alla fine del mondo e non puoi dire un’inesattezza del genere, proprio perché sei il conduttore famoso di un programma conosciuto che magari, chissà, un paio di tizi in ascolto che non conoscono Jeff potrebbero dire ‘ah, bello sto brano, chi è? Un tizio che si chiama ‘Wilco’…mh…’ per poi magari confondersi dalla tua descrizione e insomma perdere l’occasione di conoscere una maledettissima grande band che suona da dio (vedi video sotto).
Insomma ci siam capiti. La prossima volta preparati, hai anche degli assistenti lì in studio, quindi è facile.
Si sa mai che ci sia un ascoltatore casuale che per lenire la ferita di una bestialità così, sparata in diretta a migliaia di persone, mentre esce da un hangar di magazzino col suo bel pezzo di acciaio brillante pensa che scriverà un post.

Ps.: suonano in Italia, a Marzo, valli a vedere, ti assicuro, ti piaceranno.
Ps2.: per statistica: su twitter fabio ha 169835 follower, wilco ne hanno 65155.

 

j.No

Forse esagero, e lo scrivo con tutto il rispetto dovuto e meritato da un grandissimo del cinema e pure con grande dispiacere. Però, Clint, forse anche basta. Oppure cercati storie più consone. I biopic non ti riescono bene, l’ultimo film ‘paranormale’ era un tentativo per me sbagliato e questo è proprio bruttino.
Dice, ‘è un biopic, racconta la storia di una vita‘. D’accordo, ma c’è modo e modo di raccontare una storia. Qui per me è proprio sbagliata l’impostazione della vicenda. Sembra che le emozioni debbano essere imbeccate da una narrazione in prima persona (il protagonista, detta la proprio biografia a vari scrivani) che permette salti temporali che frammentano la vicenda e non convincono, penalizzando la storia che non decolla, non emoziona, non interessa, non si partecipa, non.
Colpa della sceneggiatura o del montaggio ma questo avanti e indietro nel tempo, partendo dagli inizi della carriera di J.Edgar fino al termine, mescola troppi spunti narrativi che rimangono come fili di una matassa che rimane sfilacciata, indecisa sulla direzione da prendere ma soprattutto piatta, priva di spunti emotivi.
Qualche passaggio funziona, ma il tutto è affossato da questa colpa gravissima di non coinvolgere lo spettatore. Non funziona nemmeno come dovrebbe uno dei ‘selling point‘ della storia, a mio parere non riuscito nonostante sia evidente la goffaggine del personaggio alle prese con le sue pulsioni sessuali omo, proibite per l’epoca e per il ‘grado’.
Si rimane colpiti da due cose. La prima è la bravura di Di Caprio che ce la mette tutta, però non regge il peso di due ore di film. La seconda è l’incredibile fail del make-up che invecchia, malissimo, gli attori. Una roba orrenda che da un film del genere uno non si aspetterebbe mai. Protesi di gomma che è un miracolo gli attori riescano a calibrare un’espressione facciale. Inoltre, mi sembra che il doppiaggio non sia venuto molto bene ma questa è un’impressione.

(non fidatevi di me, ovvio. qui, un bel pezzo sul film) 

(not) my buddy sherlock

‘Sherlock Holmes 2’ è un film d’azione e cabaret con una sequela infinita di gag fra i due pards con bonus di una bromance a tratti fastidiosa. Un buddy movie con le esplosioni che iniziano al minuto uno e la storia spesso ambientata fuori Londra, una scelta che ho trovato irrispettosa del carattere del personaggio, ma forse sbaglio, non avendo letto i libri.
La sceneggiatura si affida a serrati montaggi di ‘spiegoni deduttivi’ e a fili narrativi tirati per i capelli, carrelloni e mega-ralenty che, caro Guy, dopo uno è ok, dopo due è ‘ancora?‘, al terzo è il SONNO, e poi basta, è da sempre che te la sgami coi rallentoni.
A metà film ho rischiato di addormentarmi tanto era evidente il tentativo di allungare il brodo per portare a casa le due ore. Si salva con il lungo finale ben orchestrato, la gag migliore e i bellissimi titoli di coda, peccato che gli zotici delle festività al cinema eran già tutti in piedi al ‘the end‘, uno sparo davanti a una mandria al pascolo.
Date le mie bassissime aspettative, nemmeno tutto da buttare, incluso RDJ che, credo per la prima volta, non si è fatto odiare. Da me, beninteso. Avrò fatto l’abitudine alle sue mossette.

(son campionati diversi, sport diversi, ma volendo vedere uno splendido ‘sherlock’ bè, scegliete questo)

2011, del mio meglio, al cinema

(dieci titoli dieci fra i film che ho visto, amato e difeso a spada tratta nel 2011. altri sicuramente belli non li ho visti anche perchè alcuni non sono usciti dalle mie parti, altri belli non hanno avuto distribuzione in italì e buon 2012 di cinema)

1. Drive
(un’eroe con giubbotto al volante, ascoltando synth anni ottanta)
2. The Artist
(due attori ‘muti’ in un tip-tap da applausi)
3. The Tree of Life
(padri, figli e in mezzo tutto l’universo, dinosauri inclusi)
4. Rango
(una lucertola alla conquista del western)
5. Tin Tin
(un reporter e un marinaio all’inseguimento)
6. Black Swan
(una ballerina…no, due ballerine…)
7. Thirteen Assassins
(un manipolo di samurai con codice, spadoni e un’impresa disperata)
8. Warrior
(padre, figli e in mezzo pugni sentimentali sul ring)
9. Fast Five 
(un manipolo di tamarri a motore e casseforti grosse)
10. Habemus Papam
(un signore riceve una promozione sul lavoro e va in crisi)

Miscellanea:
Miglior colonna sonora: Drive
Miglior animale: il cane, The Artist
Miglior attore francese all’estero: Jean Dujardin/Michel Piccoli
Miglior innamoramento su schermo: Bérénice Bejo/Emily Blunt
Miglior piano sequenza: Tin Tin
Premio “this is action motherfuckers”: Fast Five
Premio “riscoperte”: Midnight in Paris
Premio “school comedy”: Easy A
Menzione d’onore “supereroi”: Thor
Menzione d’onore “ce l’avevate quasi fatta”: Source Code
Nastro d’oro “DOLLY”: This Must Be The Place
Peggior film dell’anno: Sucker Punch & Pirati Caribici 4

Artisti, Arturi, Guerrieri

(due film per finire l’anno, uno bellissimo l’altro puccissimo e uno strappo alla mia regola, che ho la classifichina 2011 pronta e allora…)

La miopia e il terrore dei distributori italiani è incredibile. Questo film doveva essere in tutti i fottuti multisala. Non c’è perchè è in bianco e nero, notoriamente simbolo di intellighenzia e di circuiti d’essai. Non c’è perchè è muto. Già, non spiccicano parola e questo è un rischio troppo alto per le misere menti di cui sopra.
E invece ‘The Artist‘ è un film meraviglioso che potrebbe incassare col passaparola di signore viste contentissime all’uscita insieme ad accompagnatori che non hanno mai dormito, nonostante lo stomaco dilatato dai pranzoni delle feste e non credo che il merito sia tutto della splendida Bérénice.
Il film recupera un abito anni trenta compreso di tuba e papillon e lo serve così, in bianco e nero, con i cartelli da leggere durante qualche dialogo, per il resto è commento sonoro che è ricchissimo e basta e avanza insieme ad attori perfetti, un cane perfetto, bellissime scenografie e varie botte di ingegno (la scena delle scale, il sogno ‘rumoroso’, l’uso delle parole scritte).
Quando il commento sonoro cresce ti si annoda la gola, perchè è un film romantico nell’animo e negli intenti (che, sì, certo, sono talmente evidenti che uno può anche pensare alla grande operazione revival che prende per i fondelli lo spettatore troppo romantico e ingenuo, oppure uno può anche non possedere un cuore, certo). E’ un film molto divertente quando vuole divertire, racconta una storia semplice e genuina di caduta e amore, orgoglio e passione a cavallo di due epoche, appunto cinematografiche, trasmettendo a fiotti questa passione a spettatori stupiti di tanta bellezza talmente antica che diventa modernissima. E’ anche un film, perchè no? coraggioso nel dimostrare, ma diventa un post pretenzioso, di come non ci sia bisogno di troppa roba per far funzionare un film.
Se ne potrebbe parlare a lungo e spero possa fare incetta di premi, proprio perchè è un film che dovrebbe essere visto da più gente possibile perchè questo è un film che ama il cinema. E non è necessario essere cinefili, anzi, per apprezzarne lo spirito.

Altro film che doveva avere tutt’altra distribuzione è ‘Arthur Christmas’ uscito da noi come ‘Il figlio di Babbo Natale’.
Ben fatto, per una volta. E’ proprio il figlio del ciccione con la giacca rossa l’anima del film, l’eroe coraggioso quanto inatteso come da classico schema cartoonesco. La tagline del poster originale dice ‘Mai chiesto come vengono consegnati due billioni di regali in una notte?‘. Parte da qui, con dieci minuti che vanno a velocità siderale per poi seguire le vicende dell’eroe suo malgrado che deve…
Ci sono i Babbi, c’è il polo nord, ci sono le renne e gli elfi che sono quasi al livello dei memorabili minionsè della Aardman gente che fa animazione con del genio (a proposito, questo trailer quanto è fichissimo?).
Fa ridere, c’è tutto lo zucchero e la puccyness possibile, è super natalizio, per bambini e per accompagnatori. Naturalmente relegato a poche visioni pomeridiane fin dal primo giorno d’uscita e in poche sale, rispetto alle centinaia dedicate alle schifezze nostrane. Siam messi così, tant’è.
Padri, recuperatelo in dvd. Figli, enjoy the Elf Help.

 Di solito dopo aver visto un film, butto giù subito dieci righe per fissarmi i pensierini. Quando ho visto questo, che racconta di due fratelli che non si parlano da anni, entrambi ex lottatori che tornano sul ring per lo stesso motivo e, insieme o in mezzo a loro, dipende, c’è il padre ex alcoolizzato con cui non hanno rapporti, non mi andava di scriverne, perchè ero proprio nel bel mezzo del mio bravo conflitto paterno.
Per questo motivo, il film l’ho visto quasi tutto con un macigno sullo stomaco e i lusgoni agli occhi in almeno due scene. Pensa te, un film di tizi macho che parlano poco e hanno grossi addominali e tizi tatuati che si fanno le facce cattive e si menano di brutto. Non il mio genere, mai, con l’aggiunta di varie critiche, come la presenza nella storia di almeno due situazioni davvero implausibili. Eppure le critiche non hanno molto senso visto il giudizio finale tutto di pancia per un film potente anche se girato con furbizia nel tirare calci in faccia ai sentimenti di maschi seduti in fondo alla sala col fazzoletto in mano, mentre son dentro al loro ring a guardare negli occhi l’avversario che non è tale.
La prima parte è lo spiegone, la seconda sono le botte, il tutto con l’aggiunta di molteplici riferimenti/ispirazioni prese dritte da “Rocky”, il papà di questo genere di pugnisentimentali. Attori giusti dove il meno bravo è il più noto e fisicato.
(vorrei poi leggerne una recensione scritta da una donna se possibile, per ‘par condicio emozionale’ diciamo)