Lasciando fuori dalla sala un paio di pregiudizi, avendo letto anni fa il libro e come sempre evitando inutili paragoni fra opera letteraria e cinematografica, supponiamo di dividere “Amabili resti” in tre parti.
(ocio, spoilers)
Nella prima c’è un delitto efferato. Il film è un thriller convenzionale ma funzionante con un discreto pathos e una buona suspence, grazie a un’ottimo villain e a scelte stilistiche funzionali ed efficaci (la scena degli sguardi attraverso la casa delle bambole, per dirne una)
La seconda parte è consequenziale e dedicata a “chi resta”, seguendone i difficili percorsi nel cercare di sopravvivere a una tragedia così violenta. E qui ci sono evidenti problemi. I risvolti familiari si evolvono forzatamente e non hanno lo spessore richiesto poichè Mark Wahlberg e Rachel Weisz non ce la fanno proprio e la parte della nonna rasenta a tratti il ridicolo o l’inutile tranne per un paio di battute.
L’ultima parte è quella ad alto tasso di difficoltà.
Come rendere il limbo in cui è intrappolata la defunta, bloccata fra la terra e il paradiso nel tentativo di aiutare i suoi cari nella caccia al colpevole e nella elaborazione del lutto? La sfida non viene vinta dal regista ma nemmeno perduta. E’ questa parte che rende il film irrisolto per la difficoltà insita nell’operazione e perchè la narrazione risulta troppo spezzata.
Però è bella visivamente, una miscela di luce e colori ma anche ombre e buchi neri, tutto immerso in riferimenti pop e visionarietà onirica che a volte pare eccessiva ma è sempre coraggiosa e spesso una gioia per gli occhi con una nota speciale alla scena delle navi in bottiglia, davvero notevole.
Quindi dalla somma delle parti esce un film sicuramente con delle pecche, non perfettamente riuscito, evidentemente spezzato in due non riuscendo nell’impresa quasi impossibile di raccordare compiutamente la narrazione fra “cielo” e terra.
Però personalmente lo promuovo lo stesso. Perchè ha un innegabile fascino e un grande coraggio nell’affrontare una storia simile, sfruttando anche con abilità il voiceover dando una sorta di gradevole impronta letteraria a qualche passaggio. Inoltre, sì, emoziona, non sempre ma è comunque un merito. E poi un grande Stanley Tucci e gli occhioni della giovane Susie che restano nella memoria mentre si esce dalla sala.
Quindi, bella Peter Jackson, suvvia.
Postilla di colore: proiezione delle diciotto di venerdì, siamo in dieci in tutta sala e tu, brutto zotico burino ti siedi dietro di me. Poi ti suona il cellulare e ti alzi ma non esci dalla sala bensì resti sulle scale a conversare e poi addirittura fai anche una chiamata e poi torni al tuo posto di fianco alla tua zotica compagna che ti chiede chi era. Poi cosa vuoi? Che non mi giri e ti dica un paio di paroline? Sei fortunato che non mi sono tramutato in Hank…