Finalmente, A1

Alla fine ce l’abbiamo fatta. Ce ne torniamo nella massima serie. Sì, Noi, al plurale per quel senso di appartenenza e di comunità che unisce chi segue la propria squadra, facendoci i chilometri l’attesa il palazzo quelle cose belle lì, anche in questi cinque lunghi anni di serie A2, un posto dove si vedono poche stelle e molto agonismo. L’anno scorso per poco non retrocedevamo e sarebbe stato un vero dramma. Ricordo bene quelle ultime partite col fiato in gola, il terrore di una delusione che sarebbe stata epica.
Ci salvarono un play con le spalle larghe e un allenatore piccolo e nervoso in panca. 
Il play ha giocato anche quest’anno e ha tirato spallate a tutti gli avversari aprendosi con la forza la strada verso centinaia di canestri che hanno costruito questa promozione. Tamm-Tamm, spallata, passo, entrata o tiro dalla corta distanza. Il coach ha allenato anche quest’anno, allestendo una squadra che ha difeso duramente, non ha mai ceduto psicologicamente e ha conquistato una promozione che se lo dico io che è strameritata faccio il tifoso ma se la verità sta dalla mia parte per una volta, è giusto giorirne.
Abbiamo battuto tutte le seconde, giocato sempre discretamente al netto di qualche imbarcata che in una stagione ci può stare, soprattutto abbiamo sempre dimostrato di sapere essere una squadra vera, dura e che resta lì, china sulle ginocchia in difesa, sguardo negli occhi dell’avversario, gomiti larghi, contropiede facile, tiro da tre pesante, tamm-tamm spallate e entrate da sotto e una gran voglia di vincere.
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il mio ‘nuovo’ negozio coi dischi e il jazz dentro

Questo post l’avevo già scritto nella testa ma poi per pigrizia non sarebbe mai stato pubblicato se non che ieri junkiepop ha scritto un post sul giorno dopo il Record Store Day e allora lo scrivo anche io, tipo piccola catena umana post-RecorStoreDay.
Per chi non lo sa questo ‘giorno’ è stato sabato ed era il giorno in cui in tutti i negozi di dischi del mondo han fatto festa gridando all’unisono ‘esistiamo ancora e non molliamo’. E’ nota a tutti la grande morìa di negozi del genere, dovuta alla digitalizzazione della musica e a vari online store, scaricamenti, la musica liquida ecc.
Penso da anni che i negozi di dischi siano destinati a scomparire. Sad but true. Nonostante il ritorno del vinile che però io non ascolto più perché trovo molto più pratici e comodi i cd. Questi li compro sempre. Non li compro da tempo nei negozi per due motivi.
Uno: vivere nel paesello comporta fare chilometri per trovare un negozi di dischi che non dico abbia il cd dei Wilco che quello ce l’han tutti ma se chiedo il cd dei Tindersticks (mica un gruppo così sconosciuto) la risposta spesso sarebbe ’chi?’ o ‘te l’ordino?’.
Due: dai diciotto ai ventuno euro cada cd mi sembra troppo.
Cosa paghi con la differenza di prezzo fra online store e negozietto? La competenza, la proposta, la passeggiata per arrivarci pensando a quello che ti piacerebbe ascoltare, un po’ di retorica romantica anche e l’odore del negozio che è simile all’odore della carta per chi legge libri elettronici. A me piace l’odore della carta, ancora di più mi piacciono le orecchie che faccio alla carta mentre leggo però capisco quelli che si portano in giro centodue libri in un aggeggio elettronico, si chiama ‘anche’ progresso, no?
L’ultima volta che ero entrato in un negozi di dischi (facciamo l’equivalenza vinili-cd se no già vien lunga, non finiamo più coi distinguo) era stato al Rough Trade di Londra. Ah, la città e le altre dimensioni e tutto questo per dire che sabato ero nella città canarina per altri motivi e allora mi son ricordato grazie a cento tweet che era l’RSD e sono entrato in uno dei, credo, due negozi di dischi rimasti nella cittadina. E, come per magia, ho cambiato idea. Non sul fatto che i negozi di dischi scompariranno, ahimè che in fondo sono un romantico , bensì sugli euro in più.
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berg5, taylor1, affondato

(spoiler nei tag e forse nel testo, ma tanto davvero pensi ci possano essere spoiler su questo film?)

Prendi una parte marittima ma non solo di ‘Pearl Harbour‘, una parte metallica ma non solo di ‘Transformers‘, aggiungi un pochetto di ‘Armageddon‘, spandi corposa guarnizione di effetti speciali e BOOM! e servi su un guanciale a forma di bandiera americana costellata di stelle cucite con l’onore e la dedizione alla patria. Come contorno un bel secchiello di popcorn formato maxi ed ecco il blockbusterone clangclang coi robottoni dentro dell’estate americana.
Se qualcuno va a vedere un film del genere e se ne esce con la solita frase da zero pensiero ‘che americanata‘ esca subito da questo post.
E’ pagato in dollari, pensato per ragazzoni coi bicipiti grossi che spendono dollari e hanno la bandiera piantata nel cortile o appesa nella cameretta, contiene stars&stripes in ogni linea di dialogo, ogni pallottola, ogni formato di eroismo da grande schermo. E’ fatto per tifare per il proprio team senza se, senza dubbi, senza esitazioni. E’ un film dove c’è la frase ‘facciamo il culo agli alieni‘, è un film dove c’è un pezzo degli Ac/Dc che dà il la alla carica, è un film dove ci sono i ralenti su sguardi intensi di coraggio e gocce che cadono da mascelle squadrate di orgoglio ed eroismo. E’ questa roba qua e direi che ci siam capiti.
Gli spettatori, me incluso, di una rappresentazione delle otto di sera in un multisala grosso del centro dell’Emilia fanno il tifo e si divertono e alla fine molti, me escluso, applaudono anche trascinati dall’entusiasmo.
Il posizionamento delle pedine del gioco iniziale è fatto con la grana grossa, Taylor Kitsch continua a provarci ad essere la next big thing dell’american movie ma secondo me non ci riesce che gli manca ancora qualcosa, c’è Rihanna che non c’entra niente ma fa lo stesso, c’è una debordante bonazza, ci sono dialoghi a tratti imbarazzanti ma poi tutto BOOM! esplode e si va via spediti e agili.
Fortunatamente il film ha il grande pregio di non prendersi mai sul serio, di avere un’idea brillante per richiamare il gioco a cui si ‘ispira‘, un oggettino rotante spaccatutto molto interessante, almeno due momenti di citazionismo spinto ma divertito, oltre chiaramente a applausi di gioia per chi ama gli effettoni, i suoni sparati a manetta dei robottoni in azione, proiettili grossi che si autocaricano e BOOM! e non è che ci sia molto altro da dire se non comprare i popcorn.

(il termine ‘BOOM!’ è stato utilizzato quattro volte nella redazione di questo post)
(a proposito di patriottismo, il film negli US uscirà fra due settimane e per me incasserà un botto. laggiù, danno il premio Pulitzer a questo articolo e nel film uno degli eroi è un soldato menomato da ferite di guerra, tutto torna)
(la pellicola ha il seal of approval della marina americana, che ha prestato corazzate, musei su acqua e altro ancora)

(fra serialità tv e cinema, c’è un filo rosso a doppio legame fra questo film, FNL e l’essere ‘all-american’. al riguardo il profilo esasutivo del regista che si accoda con perizia sul solco di Michael Bay, si trova su ‘studio’)

Palco n.25 OR.1/D (Pt.IX, the Prussian ‘tema Regio’ chapter)


Programma
: Pezzo realizzato per ordine del re e altri pezzi realizzati secondo l’arte del canone”. Ovvero: Bach e l’offerta musicale al Re di Prussia.
Storia vera (che se io fossi un executive della BBC vorrei troppo produrre un serial con storie del genere, piccole chicche, storie vere nelle storie di grandi compositori, romanzate anche per venderle al pubblico con piccoli grandi intrighi di corte o amorazzi popolani, poco importa. Con dodici puntate me la caverei piuttosto bene…ok, torniamo a noi…)
Un bel dì Bach va al castello del Re di Prussia che era, oltre che un Re, un esperto di arti e musiche, suonava il flauto e componeva sonate e sinfonie. Al compositore il Re gli “propone su due piedi, secondo la prassi, di sviluppare un piccolo tema apparentemente innocente, ma in realtà piuttosto complesso”.
Bach non può dire di no perchè è il Re che glielo chiede e spara una fuga improvvisata su due piedi e clavicembalo basandosi sull’ispirazione reale. Tornato a casa metterà su carta l’improvvisazione e da lì svilupperà il tema declinandolo in vari ‘formati musicali’ dove “i caratteri della parte appartengono compiutamente anche al tutto. O meglio: la conformazione di ogni parte del tutto è esattamente identica alla conformazione del tutto”  Continue reading “Palco n.25 OR.1/D (Pt.IX, the Prussian ‘tema Regio’ chapter)”

TZN (e Pinguini) (e spaccare)

Quando nei mesi scorsi dicevo ‘vado a vedere Tiziano Ferro’ ad amici e conoscenti, quasi tutti hanno reagito spalancando gli occhi, trattenendo la risata di scherno, guardandomi male, ‘chi?!‘cosa?!‘ ‘ma no!‘ ‘ ma perchè?‘ ‘stai bene?!‘.
Per molti di loro son quello che ascolta musica ‘sofisticata‘ o ‘noiosa‘ quando vado a vedermi i concerti di musica classica, son quello che ascolta musica che ‘non si capisce‘snob‘ ‘che cosa?‘ quando ascolto il jazz, son quello che ascolta musica indie-alternative, band con nomi che spesso citandoli leggo il ‘no’ nella comprensione del mio interlocutore.
Qualcuno ha bestemmiato, qualcuno ha minacciato di togliermi il saluto, qualcuno non ha capito. Pochissimi mi han detto ‘Bè, ci sta’.
Alcuni mi han chiesto se ci scrivevo un post (grazie, miei due piccoli stalkers), alcuni di questi (ciao!) leggeranno qua (roba lunga e confusa, spoiler sul concerto) dove dico perché sono andato a vedere Tiziano Ferrro (da qui in poi, per noi piccoli fanz, TZN) e com’e stato. Continue reading “TZN (e Pinguini) (e spaccare)”

fra pirati, francesi, regine

Ho letto da qualche parte che ‘Quasi amici‘ è il film francese che ha incassato di più all-time in Italia. Chissenefrega? Bè, io spero solo non ne facciano un remake italico come accaduto con altri successi d’oltralpe perchè non funzionerebbe mai, a meno di trovare un attore altrettanto imponente come Sy. Lui si prende il film e il tetraplegico in spalla e porta entrambi in un territorio molto classico al limite della fiaba, dove due mondi lontani anni luce e chilometri di socialità, si incontrano, si fiutano et et et… Non ero molto attratto dalla pellicola ma al quinto conoscente che va al cinema due volte l’anno che mi ha detto ‘Fidati‘, mi son fidato.
Devo dire che mi sono molto divertito. Il film è leggero seppur trattando argomenti spinosi fra banlieu e handicap, sceglie di parcheggiare il dramma spingendo l’acceleratore delle risate a più non posso, grazie alla verve notevole del protagonista. Ottima scelta, anche per evitare di restare schiacciato da troppi (inevitabili?) stereotipi. Bravo pure l’altro attore che recita paralizzato e lacrimuccia ovviamente ben piazzata dietro ogni angolo. Suvvia, bravò, bravò.


La Aardman è una delle cose migliori accadute al mondo dell’animazione, fra plastilina, stop-motion e genialità. Dopo il bel film natalizio, questa gente torna con un film ambientato nell’ottocento, fra pirati di bassa levatura, una regina che li odia e un pennuto (ahahaha, scusate mi viene ancora la ridarola) che pare sia estinto. Fra scienza, fantascienza, azioni in mare, azioni in volo, premi (ahahaha, oddio) picareschi, ci si diverte tantissimo, fin dalla prima scena, uno spasso assoluto, un’avventura a perdifiato piena di invenzioni, ilarità, citazioni.
Purtroppo la scelta di affidare il doppiaggio del personaggio principale a DeSica è sbagliata e al limite del fastidio, mi sembra riesca comunque a gigioneggiare e ‘accentare’ troppo perfino per il personaggio a cui presta la voce (nella versione originale la voce è di Hugh Grant).
Peccato per i bimbi in sala che non possono arrivare a capire tutte le gag e i riferimenti contenuti nel film, però mi dicono che si divertono comunque. Peggio di loro, indubbiamente, genitori idioti che passano il tempo a guardare il fottuto cellulare anzichè cercare di farsi una risata intelligente. Ci vorrebbe l’Erode per i genitori coglioni. E un film Aardman ogni sei mesi per me.

Ho visto ‘Biancaneve‘ in compagnia di quarantuno femmine fra bimbe, adolescenti e mamme accompagnatrici. Sì, quando mi sono accorto di essere l’unico maschio in sala ho contato le mie ‘compagne’, ma questo elemento statistico mi è utile per dire che le bimbe al cinema sono meglio dei maschi, più concentrate e meno casinare (ma probabilmente questa è un’ovvietà) e che al termine della visione una bimbetta ottenne mi è passata davanti decretando ‘E’ stato bellissimo‘. Quasi quasi son d’accordo.
Il film è un colorato divertissement per giovani spettatori con Julia Roberts che si vede quanto si sia divertita a girare, i sette nani ‘veri nani‘ che funzionano e un senso di leggera quanto semplice romanticheria che evidentemente fa colpo sul target del film (dove ovviamente una sala non fa statistica, però alla scena del bacio – suvvia, non è uno spoiler, c’è un bacio, se non sapete la favola, tornate indietro e studiate! – si è levato un leggero ma percepibile ‘Awww‘ dalla platea).
Certo, il film è lontano dall’essere memorabile, c’è dell’ingenuità nella trasposizione un po’ manipolata della fiaba, qualche passaggio scricchiola e addirittura ‘Neve è abbastanza priva di fascino, nessun maschio che non sia un principe di una lontana regione sceglierebbe questa Biancaneve anzichè la Julia. Però credo siano più i pro che i contro in questa versione imperfetta quanto non necessaria, ma semplice e rivestita di colori sgargianti e sognanti. Per Pasqua, andava benone, bimbetta ottene docet.
(lo dico in anticipo, ovviamente vietato paragonare questo con l’altro film con ‘Neve, quello ‘young adult’ dove ci sarà Thor che lancia asce a dei corvi, inoltre a me ‘Mirror Mirror’ sembrava un bel titolo. Facile, no? No. Per noi spettatori italici titolo basico e ‘for dummies’, così non ci si sbaglia eh…)