playlist (Gennaio-Giugno, circa)

E’ un po’ un peccato che le classifiche si facciano solo a dicembre. Servirebbero classifiche parziali, giusto per ricordare, prima che troppe uscite sommergano quanto già assaporato, in un mondo di consumi culturali che va velocissimo, fin troppo e poi non ci si ricorda più.
Ergo, le cose migliori che ho vistolettoascoltato in questa prima parte dell’anno – potevo aspettare la fine del mese? no, altrimenti mi passava la voglia – parzialissime e personalissime, per ovvie ragioni. Via!

 

At the movies

 

1. Arrival: come tutti i film di fantascienza che contano non è solo fantascienza, è emozionante, misterioso, fa restare incollati alla poltrona, la storia ha un senso nobile e poi c’è Amy Adams;
2. La La Land: mi son letto tutte le critiche sui bianchi che salvano il jazz, Chazelle reazionario, eppure sono un romantico marcio, ho fischiettato ‘City of stars’ per settimane e poi c’è Emma Stone che balla male;
3 (ex-aqueo) Jackie & Logan (come una coppia improbabile): i giorni successivi all’assassinio di JFK visti dalla first lady più iconica di sempre, vengono raccontati con un meccanismo di sceneggiatura precisissimo e meraviglioso e poi c’è Natalie Portman, mentre Logan è il film di XMen/supereroi che noi quarantenni che restiamo teen ogni volta esce un trailer supereroistico, aspettavamo da un pezzo, violento, triste, commovente.

(in panchina: ‘Manchester By The Sea‘, un piccolo racconto di malessere dal punto di vista maschile; ‘Guardiani della Galassia Vol.2‘ perché è il blockbuster spassoso che ci vuole e c’è Baby ‘aww’ Groot)

 

Serialità

 

1. Legion: dopo la prima puntata giravo sul divano pensando ‘macosahovisto?!?’, il resto è il mattissimo tour nella mente di un mutante con super poteri, una storia psichedelica con rimandi visivi agli anni settanta, piena di citazioni, paure ataviche, magie, invenzioni, tutto frullato in un montaggio ipnotico e pazzo. Bellissimo. Lo sceneggiatore Noah Cowley (quello del ‘Fargo’ per la tv) si dimostra un grande boss, mettendo in scena un’opera pop completa e non banale;

2. Broadchurch: difficile che una serie alla terza stagione possa avere ancora fiato o il colpo di reni per rivelarsi all’altezza della prima. I detective Millah e Hardy ci riescono, inondando di disagio la visione già dopo pochi minuti, chiudendo le storie precedenti (sì, meglio recuperare le puntate precedenti) e dando qualche lezione di ‘parenting’ utile;

3. Big Little Lies: donne ricche alle quali un piccolo guaio apre il sipario borghese, mostrando psicosi assortite, problemi di coppia per coppie tenute insieme con lo scotch della socialità e drama vero, con il comparto maschile che non fa di certo un figurone. Soprattutto, seppure ambientata in ville affacciate sul mare per gente da stipendi a sei cifre annuali, le dinamiche fra le signore sono molto simili a quelle che si possono vedere a ogni piccolo bar delle nostre province, dove ogni mattina, dopo aver portato a scuola i figli, si possono ammirare collezioni di sguardi che sono lampi di condanna, invidia, falsa superiorità, o tutto insieme, identici a quelli della serie. E Nicole Kidman è sempre una delle migliori (anche se è difficile scegliere, in un cast perfetto).

 

Heavy rotation
(gli album che ho ascoltato di più da gennaio ad oggi, se clicchi forte sui nomi degli artisti, vai alla pagina Spotify del disco)

1. Loyle Carner: basi corpose, arrangiamenti sontuosi, un disco di cui non mi stanco mai, fra il nu-soul (un brutto neologismo ma ok) e rap made in GB;
2. Brunori Sas: un link dove è spiegato bene perché questo sia un signor disco. E ‘Secondo me‘ è la canzone romance da dedicare alle fidanz appena conosciute;
3. Tiziano Bianchi: un disco di jazz accessibile anche per chi alla parola ‘jazz’ storce il naso e contorce la bocca, con brani brevi e emozioni forti (bonus: un paio di settimane fa a un concerto ho incontrato il Tiziano, un tranquillone che alla mia stupida domanda ‘Potevi fare qualche brano più lungo, più aperto, ci stava’ lui ha risposto ‘Volevo farli così’ e allora io sono andato via, contento);
4. Father John Misty: un altro che scrive canzoni bellissime. Un album con molte ballate, molto pianoforte, molti cuori e volendo, testi da leggere. (bonus: in un’intervista il Father ha detto che ogni tanto si cala un pochetto di LSD. Lo aiuta a gestire l’ansia e la depressione, ‘true Boss‘);
5. Cameron Avery: è il bassista dei Tame Impala che qui si allontana dai suoni del suo gruppo per brani che hanno un gusto retrò, per la maggior parte ballate di classe e archi, poi c’è anche un bluesaccio bello deciso e altro. Uno di quei dischi a sorpresa che non ti aspetti e che poi schizzano in heavy rotation;
6. Kendrick Lamar: il più bravissimo dell’hip-hop in un disco pieno di parole, molti suoni vintage ma tirati a lucido per suonare perfetti e perfino il ‘feat.‘ con gli U2 risulta una magata;
7. Sampha: aspettavo l’esordio di questo ragazzone da un pezzo e lui dopo solo tre brani vince in scioltezza, con brani soul con sonorità moderne, tocchi di classe e una voce che lèvati;
8. Elbow: band che resta un mistero per come nessuno o quasi, se li fili in Italia. Eppure il loro pop ‘orchestrale’ starebbe bene con tutto, come una bella giacca sportiva, per dire. Ultimo disco, fra i migliori della loro produzione, è come una lunga carezza, utile anche per vedere tramontare il sole da qualche parte;
9. Slowdive: shoegaze, cos’era? Un genere musicale con chitarre che facevano da tappeto a una specie di amarezza esistenziale. Roba anni novanta dove spiccava questo gruppo che torna negli infiniti ritorni di questi anni, con un nuovo disco che però, oplà, è meglio dei precedenti. Otto canzoni per un bel viaggio.
10. Beach Fossils: il disco pop con tutte le cosine, vocine, chitarrine al posto giusto. E’appena uscito ma lo sto ascoltando sempre da giorni, è molto estivo e ottimo per mettere i piedi a mollo e ciondolare la testa.

(arrivato alla fine della compilation, mi accorgo che non c’è una cantante. Mumble, come mai? Capita. Per esempio il nuovo di Feist l’ho trovato noioso, la cantante dei ‘Priests’ è super ma non è disco da top ten…però ditemi nomi di band/vocals femminili che magari mi son perso, grazie)

 

Sul comodino

1. Una vita come tante, di Hanya Yanagihara (link)
dopo mesi ricordo ancora la sensazione proprio fisica, indice di alto gradimento di un romanzo, mentre mi calavo per due ore nella vita, passata e presente, non certo semplice, di Jude. Lunghissimo, potente e bellissimo.
2. Il cuore degli uomini, di Nickolas Butler (link)
una volta l’amichetta mi disse ‘Ti piace Butler perché scrive come te‘. Magari!, risposi io. Il suo secondo romanzo (il primo, ‘Shotgun Lovesongs’ resta uno dei libri più belli degli ultimi anni) è una storia immersa in campi scout e lasciti familiari con un finale bellissimo e strappa cuore.
3. Il Nix, di Nathan Hill (link)
personaggi in crisi, uno sguardo acuto sul presente che si intreccia alla Storia (americana), irrisolti legami familiari, citazioni colte, scrittura generosa fra ironia e drama, costruzione della trama pronta per la già annunciata serie tv. Ed è proprio bello.

(bonus, visto che si va, più o meno, in spiaggia e che, dicono, in vacanza si leggono i ‘gialli’: ‘Torto Marcio’, di Alessandro Robecchi: un giallo che non è solo un giallo, ambientato in una Milano poco da bere e ‘Prima di morire’ di Noah Cowley – che appare in questa playlist due volte, dimostrandosi un vero GURU – un thriller immerso nell’attualità americana ma non solo e con un inizio al fulmicotone)

Direi che è tutto. Ci si legge a dicembre con le classifiche di fine anno, circa, forse.