Martello! Sbraaang!

Un amico appassionato di fumetti e possessore di una sterminata collezione è venuto con me a vedere ‘Thor‘. Un amico mi ha abbandonato all’ultimo dopo che per mesi si è trovato delle mail contenenti nell’oggetto il titolo del post. Un amico mi ha chiesto di scrivere un post subito dopo la visione. Obbediente alle leggi di Odino e della fratellanza, eccomi qua. (sarà dura, non saprei cosa scrive…MARTELLO! Sbraaang!)
Al mio compare di sediolo nell’ottima sala del paesello in serata a nice price di quattro virgola cinque euro e popolata da solitari maschi conoscitori della materia, un manipolo di ventenni educati, una band di amici nerd, qualche padre in accompagnamento della figliolanza e una coppia – e omaggio all’unica donna in platea – il film non è piaciuto.
A me, sì. Meglio, mi son divertito.
franchise movie ispirati dai personaggi della Marvel sono tutti simili come costruzione, composti in parte da azione ad alto contenuto di pugni, voli, combo effetti speciali e sonoro appalla e fantasia dei coreografi e in parte da spiegoni e sentimenti da ‘occhioni‘ spesso scritti con dediche per teenager privi di fantasia.
Thor‘ è anche questo. Non è per niente esente da difetti, ci sono battutacce, c’è una situazione nella storia che è ‘meh‘, spiegoni doverosi accompagnati da frasi scolpite nella pietra e nel ghiaccio, un personaggio aggiunto con lo sputo utile per dire due gag che non fan ridere e fare la inutile spalla, un’attrice bellissima e molto brava che gira filmoni (o filmacci) per il soldo e rimane bellissima e in questi film meno brava (ma bellissima, l’ho già detto).
Quindi? Dov’è che un film simile piace o meno? Credo quando ci si immedesima nell’eroe, si disprezzano i cattivi, si vuole il bacio ma non lo si pensa, non si guarda mai l’orologio, si vuole IL MARTELLO e un guardiano e si crede alla trasposizione.
Che funziona stupendamente per la parte ambientata ad Asgard e dintorni (la prima mezz’ora è una bomba) meno bene per la parte ambientata nel deserto terrestre dove la storia indulge in momenti da commedia che non stonano e dove sono presenti molte delle pecche di cui sopra. Kenneth Branagh alla regia forse ci ha messo davvero del suo, dando agli attori una recitazione che oso definire ‘teatrale’ (ottimo Loki) e costruendo un mondo lontano davvero abbagliante come un raggio di luce. O un fulmine del dio del tuono.
Che è pure il figlio di un dio ed è biondo, alto, con i bicipiti che esplodono dalle magliette, parla come un libro di avventure per settenni e ha un martello gigante con cui distrugge nemici e crea mondi. Eppure, è credibile (il personaggio, l’attore ci mette fazzona e muscolacci) e divertente (il film).
Martello! Sbraaang!

Ps.: film visto in 2D poichè diciamo no al 3D. Contiene qualche rimando (e un cameo), alla saga dei vendicatori, punto di approdo di tutta la favola. E, come sempre, si sta in sala fin dopo i titoli di coda.

Habemus quaestio

(qualche domanda breve e risibili osservazioni dopo la visione del nuovo film di Nanni Moretti. Del quale, premetto, non sono un fan. Ora che ci penso, non ho nemmeno visto tutti i suoi film. Bè, enormi spoiler sulla trama, ocio

Il bello poi di andare al cinema è anche discutere, anche animatamente, perchè no, con i compagni di visione.
Soprattutto in certi film dove, naturalmente, le convinzioni personali tendono a distorcere o guidare giudizi ed opinioni.
Il bello è farsi le domande. Eccone alcune, nate da una conversazione post visione.
Le risposte attenderanno. O arriveranno.
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del lenire l’amarezza sportiva (post-basket)

Questo fine settimana sono iniziati i playoff del basket NBA. Uno spettacolo.
L’NBA, è lontana. Là ci sono arene comode, dove servono la birra. Nel mio palazzetto le sedute sono di legno, non tanto comode, figurati per uno alto come me che le ginocchia, tipo, se le mangia durante la partita oppure le conficca nelle scapole del malcapitato davanti a lui. Non servono la birra, disposizioni del questore, hai visto mai che ci siano gli UBRIACHI a vedere la partita. Ubriachi non ce n’è, ci sono però signore nella tribuna autorità con foulard di Hermès che smadonnano e insultano gli arbitri peggio del ragazzo con sei orecchini e la panciona, quella sì da birra, in piedi a sudare nella curvetta.
Nel basket Nba ci sono le azioni spettacolari, i campioni, l’atletismo spinto, il rispetto per le decisioni arbitrali. Nella lega A2 italiana, le azioni spettacolari vengono salutate da ovazioni come una rivelazione di un possibile spettacolo che, a lunghi tratti, non c’è. I campioni sono spesso riciclati, è più facile ci siano buoni giocatori che indossano un vestito, largo, da campioni e c’è uno spintonamento atletico questo sì, di prima qualità. E un genuino disprezzo per le decisioni arbitrali, viste quasi sempre con occhi troppo di parte. Con gli occhi da tifoso però il basket, seppure di lega A2, è il miglior sport da vedere dal vivo. Prendi la partita di stasera. Da vincere a tutti i costi, sentendo sul collo il fiato dell’altra squadra, impegnata su altro campo,  che lotta per non retrocedere.
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Dischi dell’anno (parte prima)

I dischi da tenere d’orecchio, ascoltati nei primi cento giorni dell’anno secondo me:

Disco dell’anno ‘summer edition’Cutcopy-Zonoscope.
Eccoci pronti ad aprire il portellone della macchina e a ballare coi subwoofer appalla in modalità maranza-chic durante le code in autostrada per il mare, nel parcheggio sabbioso della spiaggia e in lunghe calde notti insonni a ballare alla luna in flip-flop. La conferma di una band che fa ballare con gusto, energia e creatività. Fra pianole-drum machine-maracas-coretti-percussioni e aperture melodiche e ganci clamorosi un disco che parte con tre inni dance che le nostre disco in bolletta non metteranno mai, per proseguire fra reminescenze anni ottanta a pioggia in paesaggi sospesi di electro-pop sognante consegnando un disco che distruggerà il lettore da qui a ottobre, durante l’ultima coda per il rientro a casa.

Disco dell’anno ‘donzelle canterine’:
Oltre l’hype di riviste online e non solo c’è di più. Anna Calvi ha un chitarrone blues e pure un po’ country che porta a tracolla sopra un bel vestito rosso porpora mentre spalma il suo vocione da opera lirica rock con ridondanza e abbondanza cinematica in un disco caldo di passione che piano piano si è fatto strada fra gli ascolti di inizio d’anno. A contenderle lo scettro PJ Harvey (Let England Shake) il cui ultimo lavoro è ottimo e variegato fra trombette marziali, ‘Goddamn Europeans…‘, ganci reggae, richiami per la caccia alla volpe, melodie ispirate, denuncia sociale in un festival di creatività sonora che termina con una specie di canzone melodica medievale.


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