la bellezza di Daniel

rctfyLa sigla già è stupenda. Sarà perché è un brano di una delle mie piccole band del cuore, ma è perfetta come introduzione.
Il personaggio principale si chiama Daniel, che quando si presenta con quella voce così bassa e profondamente timida già gli vuoi bene. Ha passato diciannove anni dentro a una cella, tutta bianca, lui vestito di bianco, nel braccio della morte. In questi anni ha parlato coi vicini di prigionia, attraverso i muri e le prese d’aria, letto molti libri e aspettato il boia che però non è mai arrivato e un giorno, Daniel esce.
Si ritrova a guardare un mondo che in venti anni è molto cambiato. Posti che sono quotidiani e banali per i suoi concittadini, per lui sono spaventosi. Entra in un centro commerciale con uno sguardo perduto, come uno che cerca una bussola e invece si trova paralizzato davanti a una ordinata ragnatela di pareti ricolme di prodotti tutti uguali, guarda posti che non c’erano quando era in giro, poi c’erano e adesso non ci sono più, ancora.
Il mondo è cambiato due volte da quando è andato via, ma certi sentimenti, di rivalsa, di giustizia e ingiustizia, sono più resistenti del tempo che passa. Cose a cui non è abituato, lui è abituato a stare in un limbo bianco, ad aspettare il boia che forse avrebbe fatto meno male di certi sguardi.
Quello che non è cambiato, è quello che l’uomo può modificare, ma mai distruggere. La luce del sole che entra da una finestra o che scompare dietro una collina, un campo verde che respira, le foglie degli alberi che flirtano col vento, le nuvole che passano come gli anni. Quelle cose che Daniel sognava nel suo limbo bianco, che quando rivede gli sembrano magia.
It’s the beauty that hurts you most.
Altre cose Daniel magari le vorrebbe (semplicemente?) riabbracciare, come la sua famiglia che nel frattempo si è fatta più complicata. Altre cose le vorrebbe dimenticare, ma è costretto a ricordare.
E’ colpevole? E’ una persona cattiva? Forse vivere fuori è più complicato di sopravvivere dentro la sua cella, un posto dove a volte ritorna, un rifugio di confortevole malinconia.

La serie ha un logo futuristico, è ambientata in Georgia ed è cosa nota che le serie ambientate nel Sud degli States tendono ad essere fighe e con accenti clamorosi ‘what did you said bro?‘. Narra di solitudine, adolescenza e innocenza infinita, di storie mai chiuse, flirta con la filosofia e parla di rapporti con un dio che non si sa bene dove stia, di famiglia, di giustizia e di violenza. C’è lei che è un amore di capelli, c’è un personaggio che tira testate sul setto nasale ad ogni inquadratura e Daniel che è bravissimo. Tutto con un tono da romanzone antico, lento e riflessivo, verbale ma non verboso ed è la serie tv che vorreste vedere ma non lo sapete ancora.