At the movies
Nessuno si salva da solo
Eh, manco il cinema italiano. Detto ciò, specifico, per non sembrare quello che fa il saputello, che il cinema italiano lo seguo poco. Ogni tanto però qualche film me lo guardo. Non le commedie marcione con il titolo in rosso, che salto allegramente, anzi, tristemente, bensì il resto. Al cinema del paesello davano questo film e quindi, come già spiegato, sei eurini e mezzo gli si danno sempre volentieri al cinema del paesello. Il film però mostra ampiamente gli enormi problemi che affliggono il cinema italico.
Recitazione (di lei, Scamarcio mi è sembrato fin bravo, guarda) teatralissima e assurdamente sopra le righe. Dialoghi che, non lo so, ma esisterà una scuola di sceneggiatura in sto paese con un corso di ‘dialoghi fra persone reali e non robe che non stanno in piedi mai e anzi, flirtano con il LOAL involontario‘. Gente in ginocchio nell’iper dramma e gente che tira roba in faccia ad altra gente.
Però il finale è bello, sarà che come mi han detto, con l’età mi stan crescendo le ovaie. Poi, mi viene in mente la scena intellettualoide, falsa, posticcia piazzata con special guest a caso prima del suddetto finale e no, potete evitare, a meno che non siate fans di Scammy.
Blackhat
Michael Mann resta uno dei miei preferiti, perché gira sempre da diodiodio. Fin dalla prima inquadratura quando entra nel microchip di un mega computer, fino all’ultima scena di massa, passando per inquadrature aeree e una sparatoria che vale mezzo film. Peccato che il restante mezzo si perda, per colpa di una storia che non appassiona come potrebbe e per la scelta di interpreti scadenti. Thor senza mantello è una sorta di Big Jim poco simpatico e la cinesina è un grande bah. Peccato, doveva essere meglio, ma è noto. Le aspettative alte, spesso, fregano.
Foxcatcher
Bellissimo film che mi ha inchiodato nella sua malinconia sempre presente nel mettere in mostra uomini e mondi che si incontrano nel nome della lotta greco romana. Poco parlato e molto fisico, quasi violento nei non detti, con un paio di abbracci che strizzano la gola. E un finale perfetto. B.Miller si conferma un registone (ricordate ‘Moneyball’?) che sa anche scegliersi attori giusti, visto che Mark Ruffalo mostra un uso del corpo incredibile e inoltre qua si è da sempre nel #teamCollo. Poi c’è Steve Carrell deformato e perfetto nel ruolo del filantropo ipnotizzato da un’idea assurda e vari problemini psico.
Storia vera, tratta da un romanzo. Da vedere (e stima ai coraggiosi cinema che l’han programmato cinque giorni).
Sul divano
Mai come la prima, meglio della seconda, qualche meh, ma sempre un bell’andare. Inoltre: #teamclaire
Chef
Film che volevo vedere da tempo e ho fatto bene. Una piccola commedia con un sacco di musica che sembra presa di peso dalla colonna sonora di Treme (bonus points a nastro) un sacco di cibo e qualche tweet. Un gioiellino che fa venire fame e lascia un sorrisone gigante alla fine. Ce ne vorrebbero di più ma non tutti forse possono permettersi RDJ come guest, o scrivere con simile leggerezza, per meglio dire. Astenersi insopportabili food blogger.
Cinque canzoni in cuffia
Cortney Barnett – Pedestrian at Best
Give me all your money and I’ll make some origami, honey.
Una canzone rabbiosa e allegra allo stesso tempo. Il debutto hip ma con ottime canzoni di una rockeuse che sento mi accompagnerà a lungo quest’anno.
Kendrick Lamar – King Kunta
Tutti i siti e i blog musicali han speso paginate in questo mese per spiegare il perché e il per come questo disco sia importante. Hip Hop, sì, ma non solo e oltre i generi, fortunatamente, e questa canzone che è una cannonata.
Tame Impala – Let it Happen
Il gas, il ritmo, la corsa, le ciabatte sulla spiaggia, un concerto ad agosto. Canzonissima.
Leon Bridges – Coming Home
Passatismo? Eh? Boh. Bellissimo pezzo soul, in attesa dell’album che promette benissimo.
The slow show – Bloodline
Un bella ballad da una band inglese che ha studiato la lezione dei National, con bonus di fiati. Benone.
(bonus track: i Modest Mouse hanno fatto un disco dopo otto anni e questo, nel mio piccolo, è un mini evento da celebrare con un link)
Sul comodino
Nickolas Butler – Shotgun Lovesongs
Un paio di mesi fa, l’amico, davanti al nostro bar, in una pozza di fumo, ammucchiando bicchieri sui tavoli: ‘Sembra di stare in Wisconsin‘.
Lui, non so se sappia dov’è il Wisconsin. Io, sì, anche se non sono mai stato. Entrambi ce lo immaginiamo come un posto lontano, di gente solitaria, dura, che ha come unico momento di aggregazione durante lunghissimi inverni il bar, il gozzovigliare, le stesse storie ripetute da anni, tramandate e tracannate, infarcite di shot di whiskey.
L’autore è andato al liceo con Justin Vernon e uno dei personaggi del libro è proprio ispirato al barbuto cantautore, storia del capanno e delle registrazioni di ‘For Emma‘ incluse.
Un romanzo ambientato nel Wisconsin, con dentro Bon Iver, quasi. Parla di amicizia, famiglia, musica, amore, tramonti e albe viste con gli occhi e i cuori di un gruppo di amici che è cresciuto e cerca la sua strada, restando nel paesello o cercando nuove albe e diversi tramonti in posti differenti.
E’ bellissimo, uno di quei romanzi la cui voce entra sotto pelle e quando l’hai finito, fai fatica a trovare qualcos’altro da leggere che soddisfi altrettanto, tanto vorresti risentire una voce simile.