Serialismi, giugno

La parola capolavoro è usata spesso a sproposito, soprattutto a causa dell’entusiasmo con cui ci si fionda sui social dopo aver terminato la visione di un film o una serie tv. L’entusiasmo va bene, però conserverei il termine (piuttosto impegnativo anche per chi lo ha scritto, il capolavoro) per poche cose, magari quelle che cambiano davvero le carte in tavola, arrivano dove gli altri non hanno osato (come le aquile, circa) lasciano qualcosa nel tempo.
Chernobyl” non è il capolavoro di cui ho spesso letto in giro in questi giorni. Manco ci si avvicina a un capolavoro ma è su Sky, va a coprire il fresco vuoto lasciato dalla fine di GOT – il titolo che tutti o quasi hanno guardato e commentato, sigh – tratta un argomento noto e lo fa in maniera giusta, appena didascalica (e didattica) e con tre attoroni perfettamente in parte anche se, per chi la guarda in inglese, a volte fa sorridere l’accento british nelle stanze del Cremlino o in mezzo alla polvere dei minatori.
“Chernobyl” è una buona serie, dura come un nocciolo (ops) e ben orchestrata con una narrazione piuttosto classica. Una specie di horror con il male che letteralmente fluttua nell’aria e nelle stanze dei segreti in salsa russa e sì, confermiamolo, le bugie si pagano sempre.
Si avvicina di più al capolavoro un’altra serie che mette sempre piuttosto a disagio dove la paura non la vedi ma è dietro l’angolo, basta essere nel posto sbagliato nel momento giusto e se non è proprio il momento giusto, magari se non hai il colore giusto, chi dovrebbe proteggerti inizia a metterti paura, ad usarti, a rovinarti. Anche questa serie è basata su una storia vera, è su Netflix, se ne parla molto meno purtroppo ma è bellissima.
When they see us” è divisa in quattro parti di poco più di un’ora, ognuna può essere vista come un piccolo film e ogni parte ti prende e ti strizza forte, lasciandoti terrorizzato, arrabbiato, commosso.  C’entra anche Donald Trump, sempre a proposito di raccontare bugie, tutto piuttosto contemporaneo.
Però, c’è qualcosa che  sì, si avvicina parecchio alla definizione di capolavoro.
Fleabag” su Prime Video.
Sono sei puntate da mezz’oretta, una serie (questa seconda, la prima parlava di altro ma tanto, se vi fidate, le guardate tutte e due, in fila eh) che parla di speranza, in Dio, nell’amore, dipende, tutto visto con lo sguardo acutissimo di una scrittrice/attrice fenomenale, che ti guarda (letteralmente, coff coff) e ti sfida a guardare bene, mentre ride e sorride, mentre dentro si rompe oppure rompe cose mentre fuori le riaggiusta.
E’ divertente eppure è un mega drama e la fusione dei registri, spesso non si nota. E’ probabilmente la cosa più intelligente che ho visto in tv da anni. E il primo episodio della seconda stagione è un bignami di scrittura che lancia in cielo la storia in venticinque minuti. Peccato che l’autrice/attrice, essendo una grande, sappia anche quando smettere e non ci sarà una terza stagione. Applausi e ai prossimi serialismi.

 

Ps.: un interessante articolo riguardo a Chernobyl, oggi

ST2, demoappunti e gorgonvoti

Note sparse su ‘Stranger Things 2‘, un post ricco di spoiler, se non hai visto la serie e vuoi vederla, meglio se passi ad altro.

Era difficilissimo non pagare dazio alla sorpresa della prima stagione. Ricordo bene la sera che iniziai a guardarla, senza sapere esattamente cosa avrei visto. E ne rimasi incantato, sbalordito, divorandola in un amen.
Questa purtroppo è molto meno coinvolgente perché è un po’ la stessa storia ma soprattutto è piuttosto prevedibile e con una mancanza di guizzi narrativi che si sente e rende la visione meno elettrizzante.
Non prendo mai uno sviluppo di una trama, sono un sempliciotto facilissimo da sorprendere eppure questa volta non ne ho sbagliata una (povero Bob). Come se in fase di sceneggiatura si fossero accontentati, fidandosi dell’empatia coi personaggi costruita nella S01 . Infatti quelli nuovi, a parte ‘Povero Bob’, funzionano poco e a fatica.

‘Cartoline dalla coppia Spielberg & King’

Però, è sempre un filmone anni ottanta, un teen movie coi mostri, il crescere, gli amorazzi, divertente, realizzato molto bene e ci mancherebbe, pieno imballato anche stilisticamente di riferimenti alla cultura pop di quegli anni, in cui uno come me che era ragazzino negli anni ottanta, ci sguazza. Ha varie trovate, qualche scorciatoia narrativa di troppo (come Eleven riesce a tornare di sopra, ‘Closegate‘ che io ho pensato ‘Bé, tutto qua? Chiudiamo e bon?‘) un episodio che ‘anche no‘ (il settimo dove pensavo sempre ‘Torniamo a Hawkins per favore?!‘) e comunque almeno uno di troppo, storie d’amore spudoratamente e giustamente romanticissime e una leggerezza di fondo che non è banalità ma semplicità nel senso positivo del termine. Quasi una boccata d’aria fresca in tempi non esattamente facili, diciamo così, con molte serie che giustamente li riassumono, questi tempi.
Poi, non sono sicurissimo che negli anni ottanta fossero tempi migliori, forse eravamo tutti più ingenui ma i paragoni fra ere diverse mi lasciano piuttosto perplesso. Di sicuro sapevano fare film per ragazzi che conquistavano l’immaginario, come oggi sanno fare questa serie, che piace probabilmente più a noi kidult nostalgici che ai teenager di oggi, ma non sono sicuro, dovrei chiedere.

Ciuffoni Bros.

Dopo il sorrisone alla sigla finale, il mio pagellone:

La retromania: 7 – il carattere piuttosto fondativo del tutto, parte a sassata. Nella prima puntata ci sono (oltre a Spielberg e a S.King che ci sono tipo sempre): i Devo, gli Scorpions , ‘Talking in your sleep‘ (che io che sono super oald, ricordavo il titolo e il ritornello, non chi la cantasse, per questo c’è You Tube), Dig Dug (mio gioco prefe, ero piuttosto bravo, non come Max ma un record l’ho scritto pure io nella mia sala giochi di tanti anni fa), il Millennium Falcon. Poi è tutto un corso e ricorso fatto con competenza eighties (la festa degli studenti è stata uno spasso per i costumisti) e gusto citazionista;
Il mostro ombra del sottosopra: 7 – disegnato, intravisto, terrorizzante, vischioso, bravo;
Billy: 5 – il truzzo tutto muscoli, hard rock tutto assoli, paglie e virulenza posticcia era meglio se stava in California che il vivere in campagna non è per tutti. Un personaggio troppo caricaturale, cattivo senza esserlo davvero, pare, dato che lo spiegone col padre dura una scena sola ma sufficiente per renderlo simp…no, antipatico. Piuttosto inutile come tutta la story line con la sorella;
Max: 6,5 – serviva una quota rossa, lei se la cava, fa il maschiaccio ma meglio nel ballo, piuttosto inutile ma simpatica, mezzo punto in più per dominare a Dig Dug, gioco pref. ;
Dustin: 5,5 – troppa simpatia, scemenza (il girino) e sapienza in un unico personaggio. In generale i ragazzi, escluso Will in una sorta di risarcimento dopo che in S01 lo si era visto in due episodi, mi sono risultati meno simpatici e credibili;
Murray: 5,5 – l’investigatore chiamato dalla famiglia di Barb poteva benissimo non entrare nella trama, ma tant’è, lui è buon caratterista e porta a casa il risultato ma il personaggio viene dimenticato dopo tre secondi netti;
Bob: 6,5 – ripescato dal cast dei Goonies fa pure la battuta del tesoro con grande strizzata d’occhi. Tutto bene ma sai che morirà male dopo pochi secondi, peccato. Bella però la scena del sacrificio;
Will: 7,5 – nel suo profilo Instagram c’è scritto ‘Actor’. Con la ‘A’ maiuscola ampiamente meritata, credibilissimo nell’ospitare il mostro ombra;
La musica: 6 – dopo la partenza coi Devo, pensavo meglio, pochi pezzi veramente esaltanti, ma è colpa mia che mi aspettavo chissà cosa (qui, la colonna sonora col ricciolo e la lacca).

Le coppie:
El e Hopper: 8 – forse la cosa migliore della serie fra tenerezza, incomprensioni genitoriali, crescita, lacrimoni, puccismi;
Dustin & Steve: 7 – bromance a pacchi, fratellanza e tenero machismo, tutto ben fatto con bonus di ciuffoni per entrambi;
Lucas & Max: 6,5 – che carini e poi ho un debole per Lucas e la sua fionda impavida;
Nancy & Jonathan: 6 – la media fra la scena dei letti e dei limoni (7, mentre la serie si trasforma in una rom-com) e perché per il resto (5) sono inno alla passività;
El & Mike: 6,5 – protagonisti della paraculata della stagione con quel pezzo dei Police che non può non funzionare, con quel bacio che aspettavamo da tempo che ok, arriva e ci siamo tutti sdilinquiti e abbiamo lanciato il cuore per aria. Prevedibili, con occhioni;

E adesso, mentre si guarda altro, c’è già curiosità per la terza stagione, per vedere cosa si inventano dopo baci e cuori che volano (io la chiuderei anche qua, eh, ma il rischio mi incuriosisce).
 

la bellezza di Daniel

rctfyLa sigla già è stupenda. Sarà perché è un brano di una delle mie piccole band del cuore, ma è perfetta come introduzione.
Il personaggio principale si chiama Daniel, che quando si presenta con quella voce così bassa e profondamente timida già gli vuoi bene. Ha passato diciannove anni dentro a una cella, tutta bianca, lui vestito di bianco, nel braccio della morte. In questi anni ha parlato coi vicini di prigionia, attraverso i muri e le prese d’aria, letto molti libri e aspettato il boia che però non è mai arrivato e un giorno, Daniel esce.
Si ritrova a guardare un mondo che in venti anni è molto cambiato. Posti che sono quotidiani e banali per i suoi concittadini, per lui sono spaventosi. Entra in un centro commerciale con uno sguardo perduto, come uno che cerca una bussola e invece si trova paralizzato davanti a una ordinata ragnatela di pareti ricolme di prodotti tutti uguali, guarda posti che non c’erano quando era in giro, poi c’erano e adesso non ci sono più, ancora.
Il mondo è cambiato due volte da quando è andato via, ma certi sentimenti, di rivalsa, di giustizia e ingiustizia, sono più resistenti del tempo che passa. Cose a cui non è abituato, lui è abituato a stare in un limbo bianco, ad aspettare il boia che forse avrebbe fatto meno male di certi sguardi.
Quello che non è cambiato, è quello che l’uomo può modificare, ma mai distruggere. La luce del sole che entra da una finestra o che scompare dietro una collina, un campo verde che respira, le foglie degli alberi che flirtano col vento, le nuvole che passano come gli anni. Quelle cose che Daniel sognava nel suo limbo bianco, che quando rivede gli sembrano magia.
It’s the beauty that hurts you most.
Altre cose Daniel magari le vorrebbe (semplicemente?) riabbracciare, come la sua famiglia che nel frattempo si è fatta più complicata. Altre cose le vorrebbe dimenticare, ma è costretto a ricordare.
E’ colpevole? E’ una persona cattiva? Forse vivere fuori è più complicato di sopravvivere dentro la sua cella, un posto dove a volte ritorna, un rifugio di confortevole malinconia.

La serie ha un logo futuristico, è ambientata in Georgia ed è cosa nota che le serie ambientate nel Sud degli States tendono ad essere fighe e con accenti clamorosi ‘what did you said bro?‘. Narra di solitudine, adolescenza e innocenza infinita, di storie mai chiuse, flirta con la filosofia e parla di rapporti con un dio che non si sa bene dove stia, di famiglia, di giustizia e di violenza. C’è lei che è un amore di capelli, c’è un personaggio che tira testate sul setto nasale ad ogni inquadratura e Daniel che è bravissimo. Tutto con un tono da romanzone antico, lento e riflessivo, verbale ma non verboso ed è la serie tv che vorreste vedere ma non lo sapete ancora.

 

 

bye bye, Mr.White

bb1

(omaggio in ricordi casuali a una delle serie più belle di sempre. contiene enormi spoiler)

WW. Professore di chimica. In mutande, nel deserto.
Marito, padre, un tumore, le cure. La famiglia, i soldi.
Il cappello di Heisenberg. Drug kingpin. Say my name.
Jesse. Le magliette di Jesse che non metteremmo mai. Gli amici spaccini di Jesse. La sfattanza degli amici di Jesse. Jesse si innamora. Jesse si sballa duro. L’aspirapolvere.
Jesse si disintossica. (spoiler: NOT)
Oh, Jesse.
Magnet bitch!
Cucinare nell’RV. Blue. La vasca che sfonda il pavimento. WW che fa esplosivi con della polvere. La chimica. Tuco che spacca la faccia alla gente. Le sospensioni della macchina rossa. Salamanca. Din din din!
Il bancomat che schiaccia uno. La rapina delle botti con dentro la roba per cucinare. Le botti con dentro il denaro.
‘Hai visto?’ ‘Non ancora’ ‘FAI PRESTO’.
La puntata della mosca. La testa sulla tartaruga. La pizza sul tetto. Il pupazzo nell’acqua.
Gus. La camicia gialla di Gus. Il laboratorio di Gus. Pollos Hermanos. Il Cartel. Gus avvelena tutti.
Mike. La faccia di Mike. Lo sguardo di Mike. La morte di Mike.
Gale. Gale canta. Gale dedica un libro di poesie. Gale e una pistola tremante in faccia.
‘Porcavacca!’
L’overdose, WW che guarda. ‘Potevo salvarla’
Cosa?!?!?
Il bimbo che spara al ciccione. Run. Walt che sfascia un vaso nell’ufficio del tizio di Skyler. Il coma del tizio di Skyler. Jesse ospite per cena. Skyler e l’autolavaggio. Skyler si fa una nuotata.
L’agguato a Hank, gli stivali con la punta, l’ascia nell’asfalto.
Hank che pugna Jesse. La collezione di sassi di Hank.
‘Perchè non sparano alla moglie di Hank?’.
Hank mastro birraio. Hank sulla tazza. Boom.
‘Non arriverà MAI la prossima stagione’
La pianta avvelenatrice. I fori di proiettili in vari mezziLa tarantola nel deserto. Il deserto, un protagonista.
La rapina al treno.
E’ un western’. ‘E’ stupendo‘.
Todd che spara. Lo zio nazi.
Due minuti, dieci cadaveri.
La pancetta per colazione. Passano gli anni. Anche le stagioni.
WW è un hipster.
Heisenberg è scritto sui muri. Jesse che lancia mazzette.
Better call Saul. E grazie per lo spin off. E per Haul. Sdraiato su una montagna di dollari.
La penultima puntata, #OLTRE.
‘MA HAI VISTO?!?’ ‘Lasciami stare sto tremando tutto’.
La sigaretta di ricino. Dove ostia è la sigaretta di ricino?
‘Secondo me non si capisce bene’ ‘ Secondo me sei ritardato’
La penultima puntata. Già detto.
Qualcuno critica BB perchè è lento.
E ci sta. BB è lento. Ed è bellissimo. Secondo me.
Domenica, BB finisce. Walt morirà. 94%. No?
Ci mancherà.
(giusto così , i serial che diventano troppo lunghi, sbagliano e diventano brutti)
Mancherà.
Un bel po’.
Bitch!

bb

 

(grazie per il corsivo: Babz

 

it’s too fuckin’ good

tw

Nella prima stagione c’è un divano piazzato in un cortile.
Nella seconda c’è un container piovuto in mezzo a una banda di portuali in crisi.
Nella terza c’è l’idea utopica di un poliziotto.
Nella quarta si va a scuola, nelle aule o sui marciapiedi, a imparare varia matematica.
La quinta è la summa che riporta a casa tutto e tutti senza dimenticarsi di incidere ancora di più nei nostri occhi di spettatori già innamorati, la carne e il sangue di cinque stagioni, il romanzo di una città, popolato da cinquanta personaggi che abbiamo imparato a conoscere benissimo.
The Wire‘ è iniziata nel 2002 e terminata nel 2008. E’ un’unica storia orizzontale multiforme, insieme spietata e tenera, interconnessa e brillante che inizia da quel divano e termina con uno sguardo sulla città dopo averne compenetrato, pulsioni, aromi, fetori per una sessantina di puntate. Qualche ora della mia vita l’ho spesa davanti alle serie tv e non ricordo molte altre serie dove, quando suona il gong, quando le bacchette incontrano il piatto della campana finale, abbia pensato ‘Ok, adesso lo riguardo tutto‘.
Perchè ‘The Wire‘ è semplicemente ‘too fuckin’ good‘ come dice in una delle ultime puntate Norman, il consigliere del sindaco. E’ un puzzle che si compone lentamente ma che non ti stanchi mai di guardare, una partita a scacchi fra squadre che si assomigliano, dove il gioco è sempre quello fra chi scappa e chi deve prendere, chi spaccia e chi ammanetta, chi usa i muscoli e chi la mente, chi vive di espedienti, di corruzione, di solo cuore.
In mezzo ci sono le difficoltà, gli imprevisti in cui si muovono le pedine, i personaggi che sono come affluenti che convergono nel fiume che è la scacchiera (Baltimora) che non riusciamo mai a vedere nella sua interezza, ma di cui riconosciamo il corpo ammalato come la nostra società, corrotta come i nostri cuori, perfida e crudele, tranne in qualche angolo dove angeli decisi a provarci contro tutti, provano a ribaltare il gioco, a cambiare il sistema.
Forse è impossibile, i protagonisti cambiano, il sistema non si batte, si adatta come un rettile. E se il gioco fosse truccato? Fosse l’unico che conosciamo?

you feel me, motherfucker?

  • nei commenti, scrivo la mia top five dei personaggi di ‘The Wire’ giusto per giocare, come hanno fatto QUA
  • questo post era nella cartella ‘bozze’ da più di un anno. mi è tornato in mente leggendo l’ultimo numero del magazine IL, dove si parla di serie tv americane, spiegando bene perchè la vera narrativa contemporanea è in formato seriale. è lettura consigliata, con articoli di gente brava a scrivere. ed occhio agli spoiler. la rivista si trova in edicola e se non c’è, come ho fatto io, old school, chiedila al tuo edicolante di fiducia. 
  • due, e solo due, altrimenti facciamo notte, momenti che CIAO: Fuck? English?

Ok, Shiiiit.

 

in fila per la parata (Treme)

trmAre you ready?
One, two, three…’

I personaggi sono tutti nella sala. Alcuni ballano, altri chiacchierano, alcuni si conoscono bene, altri si conoscono di vista e si dicono ‘ciao’, alcuni non sanno dell’esistenza degli altri che si sfiorano mentre sono in fila per prendersi da bere. Sono tutti lì mentre dal palco lo swing fa ondeggiare teste e il cantante fa l’occhiolino a qualcuno in sala.

Treme‘ è una serie tv ambientata a New Orleans dopo l’uragano Katrina, raccontata in tre stagioni e una trentina episodi che sono come capitoli di una narrazione collettiva compatta, semplice ma densa di significati, moderna e avvincente, nonostante un ritmo tutt’altro che moderno. Al ritmo ci pensa la musica, attrice molto protagonista che fa da filo conduttore, balia, amante e compagna, commento non solo sonoro, alle piccole vicende che compongono questo affresco in serialità.

C’è chi torna e chi non lascia mai la città che sta pagando e chissà per quanto pagherà la furia di un evento naturale che è diventata catastrofe personale. C’è lo straniero in cerca di gloria vicino Bourbon St.. che incontra affaristi e politici che stringono molte mani. Ci musicisti in cerca di un ingaggio, altri in cerca di redenzione o che scoprono che la musica non è solo stare su un palco. Ci sono i bastioni della tradizione con facce scolpite da anni di ‘Mardi Gras‘, ci sono innovatori che ce la mettono tutta, ma farsi sentire è difficile. C’è chi scappa, chi resta per aiutare e chi non si fa aiutare. C’è chi cucina cibo cajun e chi dispensa saggezza al bancone servendo whiskey&Bud.
Ci sono lampeggianti della polizia e casi irrisolti che riportano ai giorni di inondazione, case da costruire e da abbattere, soldi federali e bollette da pagare, tromboni e marchin’ bands (oh, e che gioia quando ne arriva una!) e poi musicisti di strada e musicanti da strapazzo, violini che lacrimano e Dj che bevono, idealisti mai domi e crociati per la giustizia, carnevali da festeggiare e serate dove suonare strumenti di tutti i tempi, decadenza e truffe, criminalità e domande che non ricevono risposte, indiani e ingiustizie, brevi vittorie e pesanti sconfitte ma, mai arrendersi, mai, quasi mai, perchè mai, abbandonare le proprie radici.

‘We won’t drown, motherfuckers’.

David Simon che già aveva pensato ‘The Wire’, per me la miglior serie di sempre, recupera molte tematiche del suo primo capolavoro (scuola, polizia, educazione, media) dandoci un altro affresco potente e difficilmente dimenticabile.
La serie che dovreste tutti vedere, a meno che non vi piaccia la musica , ma chi odia la musica protesta per il volume troppo alto e quindi niente.
Ci sarà, presto, la quarta, brevissima (cinque puntate) stagione, se ne volete sapere di più, i puntuali ragaz di ‘Serialmente’ son qua.

‘We got jazz bands and brass bands, funk bands and trad bands, whatever your heart desires, yeah yeah’