The Singles Collection #2

(suggerimenti non richiesti di ascolti misti, cinque pezzi in heavy rotation da queste parti nelle ultime settimane)

Jack White – High Ball Stepper
(‘White Stripes’ 3.0, friggi il tuo ampli nel vecchio brodo primordiale del blues, chitarroni che in questo periodo piacciono molto)

Cloud Nothings – Psychic Trauma
(a proposito di chitarre, i ‘Cloud Nothings’ han fatto un disco velocissimo e da ragazzini, disco ben voluto e che ci vuole, per accontentare il ragazzino che insiste nel fare ‘air drumming’ dentro di me)

Bob Mould – Hey Mr.Grey

(si diceva chitarre, questa ha la barba bianca e la storia del rock dalla sua. finché Bob Mould tira mazzate, va tutto bene. l’album esce ai primi di giugno, daje sempre)

Neneh Cherry – Everything
(sette minuti di ipnosi electro e vocetta di Neneh Cherry, non vedo perché no. l’album è al momento una delle cose più interessanti dell’anno)


Kelis – Rumble
(è uscito da poco il nuovo disco che è molto, ma molto buono. magari venisse in tour in Italia. al momento, ovviamente no. questo pezzo lo canticchio quasi tutti i giorni da settimane, ha il passo giusto che serve per accompagnare bene o per svoltare una giornata)

(bonus track: c’è stato il ‘Record Store Day’. lo dico per due motivi. il primo è farvi leggere questo pezzo che riassume benissimo tutto della faccenda che ci tengo.
il secondo è che per il RSD la ‘John Spencer Blues Explosion’ (#eroi) ha buttato fuori una cover che spacca tutto. finito, play e vai, spacca tutto)


[archivio: singles collection]

cronache dalla piccionaia (Euro winner edition)

la coppa arriva a RE...
la coppa arriva a RE…

Da dove inizio?
Dalla fine, dalla prima coppa alzata dalla squadra della Pallacanestro Reggiana.
Oppure dall’inizio, quando da piccolo cestista mi portavano a vedere, sempre in piccionaia, che si vede che il posto è quello lì, la Cantine Riunite.
Iniziamo dalla fine, se no vien lunga e retorica.
Alla fine, guarda, purtroppo, quei ragazzi lì l’hanno spaccata troppo presto la partita e nel secondo tempo non c’è stato abbastanza pathos, quasi che questa vittoria fosse scontata. Gli avversari russi non ce l’han proprio fatta ad avvicinarsi a mettere in dubbio un risultato giustissimo.
Quei ragazzi lì. Quel trentasettenne lituano maestro della gestione del pallone, quel play che è davvero uno di noi, quel lungo criticato per troppo tempo in piccionaia ma che sta diventando il centro dominante che deve essere, quel prospetto Nba che difende per due e diventerà fortissimo, quei due altri lunghi che si son divisi il tempo, entrambi con pochi minuti nelle gambe, entrambi importanti; quei due americani che quando vogliono fanno la differenza con palleggio arresto Woooo, quel play di riserva criticato non sempre a sproposito, ma capace di essere determinante nel momento in cui, ciao, la coppa la prendiamo noi, grazie.
Iniziamo da chi non sa.
La coppa Eurochallenge è una sorta, per mantenere il facile, scontato e pure noioso, paragone calcistico, di coppa Uefa del basket.
La squadra di Reggio a inizio stagione aveva chiesto di partecipare. Mugugni in piccionaia. ‘Toglie spazio al campionato‘. ‘Ma no farà bene ai giovani‘. ‘Mah, chissà‘. Dopo mesi di fatiche, di partite che ‘eh, ma giocano contro squadrette‘ come se noi fossimo il Barcellona, si arriva alle Final Four, a questa due giorni di Bologna. Ospiti di un impianto dove è una gioia guardare questo sport, si è battuto turchi piuttosto tosti in semifinale e ci si è sbarazzati in monologo, a parte le prime battute, di una squadra della periferia di Mosca.
Naturalmente questa coppa non può gasare nessuno, se non gente che passa molte domeniche dell’anno nelle tribunette del palazzetto a sparare urlacci e insulti casuali su tiri da tre sbagliati, falli fischiati o meno. Tutto condito da giudizi perentori, analisi tattiche precarie e previsioni modificabili.
Però, ragazzi, che gioia. Una gioia quando l’arbitro ha fischiato la fine e noi, momentaneamente trasferiti in comodi distinti, eravamo in piedi ad applaudire, che mi son venuti i lusgoni agli occhi. Che da queste parti, le vittorie sportive si contano sulle dita di una mano, per fortuna ti viene da dire, perché dopo, le apprezzi meglio e stai tranquillo che non te ne dimentichi per un pezzo.
Dalla fine, quindi. Da un abbraccio coi pards con cui si sono condivise ore di tribune e curvette nei palazzi, nel corso degli anni. Un cinque agli altri, presenti nei momenti topici e davvero una emozione che la lascio qua, perché non so proprio come finirla, fra bei vecchietti sorridenti che si son presentati stasera con una maglietta dei primi anni novanta, senza nome sulle spalle, stretta stretta insieme a centinaia di aneddoti sopra a una camicia con cravatta regimental, mentre passavano nugoli di ragazzetti che si aggiravano nel palazzo in maglietta, con sopra i disegnini dei loro beniamini di oggi e un ricordo fresco ed entusiasta.
Un abbraccio via questo post al mister di questa squadra, ai suoi saltelli.
La coppa europea di basket, in Italia, l’abbiamo portata noi di Reggio Emilia.
Tutti in piedi.
Grazie ragazzi!

 

la partita è andata così
(cronache dalla piccionaia, puntate precedenti)

(
la foto d’apertura l’ho presa dalla pagina FB di SportReggio, questa sotto dalla pagina FB della PR)

10308609_10151996225851786_8615970968772045405_n

difensore, la versione biblica

noe

Noah non è il giocatore NBA che ha vinto il titolo di ‘miglior difensore dell’anno’, detto anche DPOY, giusto ieri, ma anche lui era un difensore piuttosto capace, in un certo senso, era quello che ha costruito l’arca per dare una seconda chance alla terra.
Il film oltre ad essere una delle pellicole con meno spoiler di tutti i tempi, vanta un cast di grossi calibri anni novanta, con Russellone che fa la solita faccia mono, Hopkins che fa il solito vecchio, la Jennifer Connelly che fa niente. In più c’è Emma Watson che piange molto.
Evitando qui tutta la questione che può essere racchiusa nella domanda “è un film che disturba il pubblico credente?“, la cosa interessante è la prima parte dove Aronofsky, aiutandosi col montaggio, mostra le sue qualità narrative.
Nel proseguimento la storia diventa un polpettone col sale del creazionismo (la risposta alla domanda sopra è ‘No’) che mi è risultato piuttosto noioso, chissà poi cosa mi aspettavo. Infatti insieme alla mega pioggia, arriva un drama sui valori familiari mixati con l’aureola di santo Noah che tanto santo poi non era, ma si sa, la Bibbia è un libro molto violento.
E’ riuscito? Mah, nella prima parte, tutto sommato sì. Poi la palpebra a me calava, sarà stato il polpettone pasquale, quello vero.

Ps2.: sta andando discretamente il film con quasi trecentomillionz di incasso. ci aspettiamo altri film biblici? un nuovo filone hollywoodiano? staremo a vedere.

Nb.: cerca con google, che può venire utile: come riparare un buco nello scafo di un’arca e come addormentare animali.

Grand Anderson Hotel

gbhCambiano i formati delle inquadrature, non cambia la certosina, maniacale, impressionante ricerca dell’inquadratura perfetta di Wes Anderson che in questo film raggiunge probabilmente l’apice di questa sua ricerca formale.
All’inizio sembra tutto lì, poi il film prende un corpo retrò, diventa un pastiche di altra epoca, con cameo di molti degli attori già approdati nei territori ‘andersoniani’, quasi fosse un lascito, il compendio di una carriera. Sicuramente non lo sarà, servono film di Anderson al mondo, non solo per i maledetti hipster, anche per le settantenni vestite con tailleur salmone che escono contente come noi dalla proiezione del venerdì sera.
Il film è delizioso, a tratti meraviglioso, divertente e raffinato non solo per palati cinefili, con un Ralph Fiennes smagliante, la scena della prigione che vale doppio, rendiamo grazie all’autore e c’è pure una buona dose di malinconia, come crema su un pasticcino perfetto che dona un bel sapore al tutto. Che è molto, tanto, che, quasi quasi, torno già a vederlo.
Imperdibile, davvero.