Run to the White Night in the Sahara Land

“…in the ocean of yellow sand, in the Sahara land…”

Nel paesello certi riti di ‘aggregazione collettiva’  arrivano in ritardo.
Alla periferia della periferia dell’impero siamo arrivati in ritardissimo su riti sociali come l’aperitivo lungo e ieri sera siamo approdati alla notte bianca. Fiducia massima in wikipedia e si scopre che la prima notte bianca italica è datata Roma, 2003. Quindi dopo sette anni e molte notti dove si è fatta più o meno l’alba (anche se nel 2003 c’erano meno restrizioni alcooliche) l’evento (ogni cosa ormai è un evento ma non vorrei uscire dal seminato o dal punto del post) dopo essere arrivato nel capoluogo e in altri paeselli, mi arriva sotto casa.
Un altro evento che da qualche anno spunta nell’affollato calendario delle notti d’estate delle province su cui mi affaccio, sono le serate organizzate, separatamente, da una coppia di radio basate sulla nostalgia e la ripetizione dei tormentoni datati ottanta/novanta. Le radio (e le serate che organizzano) pescano da un serbatoio di ascoltatori/spettatori enorme e transgenerazionale. Chi c’era e ricorda, chi non c’era ma li ha sfiorati, chi non c’era ma non ne puo’ fare a meno, di certa musica o certe serate. Insomma, gli ottanta e i novanta non finiranno mai.
Quindi, l’evento nell’evento. La notte bianca con bonus di concerto anni ottanta.
Le ‘star’ della serata: Tracy ‘corri da me‘ Spencer e, rullo di tamburi, Sandy Marton.
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Aria condizionata + Pixar = il bene.

Non dovrebbe essere necessario scrivere un post per dire “hey, il nuovo film di quei ganzissimi della Pixar è una magata/è bellissimo/è il solito filmone che vorresti rivedere subito, appena terminati i titoli di coda“.

Ormai dovrebbe essere una cosa che si fa senza se e senza ma. Appena esce un loro film si va e si apprezza il corto iniziale che è sempre un condensato di genio, sospiri e risate per poi partire col film che ha un incipit fantastico che ti rapisce subito e poi via, verso una nuova avventura, “verso l’infinito e oltre” e non c’è proprio verso di non essere felici di avere passato un paio d’ore in una sala (*) insieme a uno stuolo di bambini in silenzio religioso, rapiti dalle immagini e dalla storia (**).
Storia che è semplice e ricca di azione e di emozioni. Detto così pare la cosa più ovvia del mondo da fare, ovviamente non è così, ovviamente è il motivo per cui la Pixar fa film che sono diversi da tutti gli altri. Ora se qualcuno dei miei fedeli cinque lettori ha dei dubbi riguardo alla superiorità dei film Pixar o non gli vengono i lucciconi o non ride di gusto o non gli scappa un applauso al termine di una certa scena, bè, parliamo d’altro ok, che non posso spiegarvi tutto o perchè non siamo sintonizzati e allora, pazienza, non avete idea di quello che vi perdete.

In questo terzo episodio ritroviamo tutti i vecchi personaggi (fra i quali il mio preferito resta sempre il buon vecchio Buzz) alle prese con un padrone non più bambino, un futuro incerto, posti pericolosi e un cattivo sorprendente che come altri cattivi da manuale, manipola la realtà a suo beneficio.
Come detto, il film è bellissimo, mette da subito una grossa ipoteca a film dell’anno, riuscendo a regalare due/tre momenti di ilarità incontrollabile (Buzz & Ken) e, ciliegina sulla torta e ulteriore merito ai realizzatori, il finale contiene un esempio pratico di modello comportamentale verso bambini e giocattoli.
Tutto qua, andate al cinema a vedere “Toy Story 3”. Amen.

(*) il cinema d’estate è bello. C’è l’aria condizionata, la gente sembra più rilassata forse proprio perchè trova refrigerio nella multisala. Però è come una coltellata vedere un bel poster gigante di ‘Inception’, uscito ieri negli Us, con scritto ’24 settembre’. Su su. Uno sforzo. dopo il film Pixar a luglio, dai,  altri film ‘giusti’ a luglio. (no, Predators non è abbastanza ‘giusto’, secondo me si rivolge a un pubblico un po’ ridotto, anche se voci amiche mi han detto che alla prima serata/visione di mercoledì scorso c’era la fila e la sala piena). Dai dai distributori, dai dai.

(**) incluso bimbo che avrà avuto tre anni, alla prima esperienza cinematografica, come spiegato due volte alla cassiera e ribadito a me mentre tenevo aperta la porta della sala, dall’orgoglioso padre, mentre il bimbo si guardava intorno stupito e con un dito ficcato nel naso.

de-LISCIO-us

Dal furgone escono in quattro. Il capo del quartetto suona la fisarmonica e ha capelli sale e pepe ricci, con uno strepitoso mullet anni ottanta. La cantante nonchè responsabile della pianola indossa un vestito bianco senza maniche che termina corto con la gonna frastagliata da tagli che paiono realizzati con le cesoie da un giardiniere folle e una folta capigliatura mossa e nerissima da tigre del microfono. Gli altri due paiono fratelli anche se non lo sono. Saranno i capelli bianchi, il baffo preciso, l’esperienza impressa in rughe che sembrano righe di pentagrammi, dritte e perfettamente parallele sulle fronti spaziose. Uno suona il sax, l’altro la batteria. I maschi hanno jeans bianchi e una camicia stampata tipo hawaii raffiguranti palme leggermente incurvate con mare sullo sfondo.
Sembrano usciti da una love boat con la boat a buon mercato. Salgono sul palco e attaccano una mazurka bella tranquilla.
Um-ppa-ppa zum ppà-ppà-zum.
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Music Pit Stop

…a grande (esagerando) richiesta di una gentile signora che abitava a milano e di un giovane ragazzo che abita ancora a milano, ecco qua: le cose migliori che ho ascoltato in questi mesi, da gennaio ad oggi…


Roba ‘black in black’:
Janelle Monàe – Archandroid‘: la nuova stellina della black music. un disco caleidoscopico, forse fin troppo ambizioso, ma la ragazza si destreggia con abilità, bella voce, sculettamenti e (su) gran ritmiche in un frullato di r&b, soul, funk e ballad, aiutata da una produzione d’amianto e da comparsate di qualità. rimandi di stile a non finire e comunque un bello stile. consigliato anche per la spiaggia, volendo.
Sharon Jones and the Dap-Kings – I learned the Hard Way‘: questo disco è stupendo. è soul-funk preso di peso dalla ‘motown’, suonato con stile e classe enorme e cantato da questa signora con vocione. il concerto che vorrei davvero vedere, che secondo me ‘live’, il groove ritmico e i fiati che avvolgono i brani, vanno a costruire una sorta di macchina del tempo musicale che atterra in scuri club fumosi col soffitto basso, uomini in cravatta e donne col vestito lungo…

Sunday Mixed Grill

tavoli & sedie.
amici da lontano & amici da dietro casa. accenti stranieri & dialetto locale. il frigo zeppo di birre & la spina del millennio. caldo & carbonella. pacche & chiacchiericcio. salsiccia & costine. pistole d’acqua & gavettoni a tradimento. racconto di nuove vite & ricordi di vite passate. gente che sembrano gangsterZ & gente rilassata. reggae dalle casse & poi anche rock dalle casse. donne con parole fitte sedute su plaid & uomini con membra stanche sdraiati su plaid. bimbe saltanti & bimbi tranquilloni. riposo sotto l’albero & folli balzi inseguendo un frisbee. e l’ombra che si sposta & inseguire l’ombra. e l’ultima birra & le ultime parole. ed è stato bello & torneremo presto & ci mancherebbe. anche questa grigliata è andata & molto bene.
tavoli via & sedie via.