10 x August

(le musiche dei dieci album che ho ascoltato di più negli ultimi mesi. consigli non richiesti, volendo una specie di compilescion per le vacanze, in video. magari te le ascolti mentre guardi il mare o mentre sali la montagna o fai niente)

La voce di Alex, le bacchette di Matt. Io,  fan boy di un dischetto pop-rock che quando rallenta, ti porta a spasso ciondolante col passo giusto da ‘sabbia’ e che non esce più dal lettore.
ARCTIC MONKEYS

Prepotentemente candidato a discodellanno, un sacco di suoni che non coprono la delicatezza e l’anima di brani che si attaccano ai polmoni, respirando beata malinconia. E un viaggio per vederlo suonare. E’ bellissimo, sarà bellissimo.
BON IVER

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Silenzio adesso! Perfetto. Ciak!

(un giorno sul set di un ‘cortometraggio’. un ‘teaser trailer’ pieno di parole a caso)

Entriamo, vieni.
C’è un corridoio illuminato da luci fioche. Il pavimento di parquet, si sentono i tacchi battere il tempo dei passi. A sinistra, una vetrata che mostra in perfetto ordine una parata di vini pregiati. A destra, tavoli quadrati davanti a una parete di cartongesso con aperture rettangolari, piccoli sacrari leggermente illuminati da luci soffuse che ospitano bottiglie dai nomi pieni come il loro gusto.
Avvicinati, guarda l’etichetta. Barolo. D’annata. Dietro, vedi qualcosa. Una luce potente, un fascio di bianco che incontra un paio di orecchini e un ricamo di raso sul reverse di una giacca.
Andiamo a vedere, dai.
Oh, guarda c’è una raffinata sala da pranzo presa in ostaggio per un giorno da un manipolo di ragazzi armati di lampade che producono artificiale lucenza, telecamere pronte per inquadrature ardite, comparse da gran sera e una coppia al centro.
Paiono circondati. Mettiamoci comodi, teniamo poco posto.
Ecco, arriva il regista. ‘Speriamo di volerci ancora bene dopo questa giornata‘ dice, l’emozione che gli tormenta le mani. Telecamere formano un semicerchio, stringono nella loro morsa visiva il campo d’azione, le distanze calibrate. L’occhio pronto. Parlate sottovoce o fate finta di parlare e le comparse ai tavoli si tramutano in pesci che muovono le labbra, in un gesto di pura finzione. Un attore per un giorno impara in dieci minuti le basi del mestiere, aprire un menu davanti ai clienti è un gesto di rispetto per l’avventore. Un movimento arioso e gentile del braccio per mostrare pagine che descrivono un mondo di sapori, come ad aprire un sipario. Ai tavoli, brillanti luccicori, scarpe lucide, giacche eleganti, compostezza e una placida allegria.
Senti, tacchi che rimbombano sul parquet.
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è arrivato l’ebook pieno di CICATRICI


Sono più di cento, in totale, le descrizioni di sfregi e difetti che trovate nel libro. Alcune sono divertenti, altre sono quasi inventate, altre ancora sono frutto dell’esigenza di una specie di catarsi personale e ci fa piacere, davvero, sapere che a qualcuno è servito scriverne per liberarsi un po’ dai demoni che la notte disturbano il sonno.
Ma ciò che più importa, per noi lettori, è che le cicatrici che state per leggere, se le leggete, se ne avete voglia, sono storie. E ogni storia, a modo suo, una volta sentita, o letta, rimane impressa. Dentro di noi, si cicatrizza.

Quei bravi ragazzi di Barabba pubblicano oggi l’ebook sulle ‘Cicatrici‘.
E’ lettura consigliata per l’estate, sotto l’ombrellone, in montagna o in campagna o sul divano in città.
La copertina è molto bella, il libro è gratis, si scarica cliccando sopra o qui sopra  e pure io ho raccontato di un mio piccolo sfregio.
Zac.

dai, andam, c’al và seimper fort, Erri…

E alla fine, dopo otto film con gli attori che da piccoli bimbi pucci si son trasformati in ometti palestrati e donnine sexy, otto sere nello stesso cinema, otto post di ottomila piccoli blog, mentre la colonna sonora come da copione sale con gli ottoni che spingono, manca poco che mi commuovo.
Son di pastafrolla, sono un pesce che abbocca all’amo spudorato della fine della storia e ho sempre avuto simpatia per il maghetto vagamente nerd con gli occhiali, le pozioni, le scope volanti e tutto l’immaginario che ha fatto di H.P. un personaggio importante nella cultura pop e un business enorme al cinema.

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dal tramonto all’alba (sposi & circus)

Alle cinque del mattino il mondo è davvero in ordine.
La campagna è un verde intenso, puntellato da poche case e un agriturismo che ha ospitato una festa.
Lunghi pigolii di uccellini che avvisano del giorno nuovo, fanno da contrappunto a una banda di rane nascoste in qualche canale, in un concerto con lunghe pause e improvvise accelerazioni.
Poco più in là, un coppia di cigni si muove lenta sullo specchio d’acqua che ha riflesso immagini di danza e chiacchiere di una serata lunga e indimenticabile.
Nel cielo ci sono pennellate orizzontali, un acquerello coi colori che paiono intinti nell’umidità di una notte in campagna.
L’arancione scivola in un giallo tenue che si tramuta in un bianco lattiginoso che cede il posto a un azzurro ancora incerto. In fondo, resiste un barlume di blu scuro destinato presto a disperdersi come un’ombra mentre una finestra si apre in una casa vicina, un cigolio che fa entrare la prima aria fresca del mattino, buongiorno.

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Postcards from Ferrara

  • Ah, l’autostrada infrasettimanale che scorre gioiosa in mezzo all’Emilia. Un nastro di metallo rovente e annoiato dalla coda delle sei di sera. Arriveremo in tempo?
  • Oh, siam già qua. Abbiam fatto presto però.
  • Vè che bella Ferrara. L’anno scorso non c’eravamo visti. L’anno scorso, pare un secolo. Piccola, coi ciottoli, la chiesa, la piazzetta, un sacco di ragazzi ad occupare le distese estive dei bar e le ragazze in bicicletta.
  • Và il castello che massiccia bellezza. Mi ricorda ‘Game of Thrones’. Guardi troppe serie, lo sai vero?
  • Ciao ragazzi di Ciccsoft, sorridenti ed eccellenti con le buste in mano. Avete avuto un’idea bellissima. Uno speciale di carta, da toccare e conservare, come siamo soliti fare da queste parti, di tanto in tanto. Mi emoziono molto a vedermi in questa unione di parole e disegni in equilibrio sulle canzoni della band, che profuma di belle cose e passione, in compagnia di ragazzi che seguo con ammirazione da tempo.
    Grazie, grazie davvero.

  • Oh, ne vuole una copia il manager dei ‘Nescional’. Wow.
  • E’ presto, scegliamo dove andare. Scegli tu, accompagnatrice biondadentro. Sulla destra c’è una specie di avvallamento sui ciottoli, si vede meglio. No, niente birra per me. Sto qua, mi trovi. Oh, inizia ‘Beirut’.
  • Dice, non ti senti vecchio ad andare ai concerti? Dico, no, finchè l’inizio di un brano mi fa rizzare i peletti sulle braccia, mi sento bene. Fanno ‘A Sunday smile’. Ecco, appunto.
  • Trombe, ottoni, tube, fisarmonica, zingarate, valzer e mazurka, ùn-dùe-trè, organetti, clapclap, coretti e balletti sul posto. ‘Beirut’ è l’ammore.
  • Potrebbero andare avanti per tre ore, fosse per me. Capisco però che un suono del genere possa annoiare. Ne fanno un’altra, dice che hanno tempo. Buon per me.
  • Pieno imballato, mai vista la piazza coi ciottoli così straripante. Tempo giusto, cielo pulito, gente alle finestre degli hotel in attesa, come noi.
  • Ciao Matteo, siamo amici ormai. Quarta volta che ci vediamo. A Milano due volte, perfino in Svezia. Scaletta con un sacco di pezzi adorati. A metà concerto, un pensiero banale. Che in questo momento tu e la coppia di fratellini siete al top della carriera. Perfetti e giusti. E’ bello che ricordiate un concerto minuscolo di anni fa, suonato chilometri più in là, sulla riviera, ora che ti trovi davanti a una platea adorante. Guardare indietro per andare avanti.
    Prosit e ‘All the Wine is all for me
  • Ciao amichetti, anche voi qua. Hai preso i vinili e te li tiri dietro tutta sera? Ti stimo. Ti piaceranno, vedrai.
  • Oh, che bellezza che è ‘Green gloves’.
  • Ciao cuginetta, anche voi qua. Che belli che siete, giovani e sorridenti. Bravo il batterista vero? Eh, lo so.
  • Matteo Berninger, stile a manetta, ineccepibile. Via la giacca, gilet stretto con camicia a scacchi.
  • Zach Condon & la sua banda che accompagnano con gran giro di trombe gli ultimi pezzi dei ‘nescionalaferrara’, l’highlight della giornata.
  • C’è il filo del microfono che gironzola davanti alle transenne. La voce non molla di intensità fra mani che toccano e applaudono. Il filo del microfono taglia è ora in mezzo al pubblico impazzito. Il nostro ‘fanboy’ aggrappato alle transenne sarà svenuto. Giusto così.
  • Oh, senti. Fanno ‘Vanderlyle cry baby cry’ acustica, luci spente, piazza silenziosa. E’ bellissima, è bellissimo. Peli dritti. Ciao, grazie.

quant’è bello il cinema in bermuda

(andare al cinema in bermuda è uno spasso, altro che giacconi e freddo quando esci. per tre sere consecutive, casualmente, son stato al cinema. ecco qua cose sparse sui film visti)

Una volta all’anno, esce nelle sale un film asiatico con le spade e le guerre e poche volte questo film tradisce le attese. Un manipolo di samurai proverà a fermare le gesta poco nobili di un nobile imparentato con lo shogun. Sarà un massacro. Totale. Vai col trailer.

Thirteen Assassins” è una bomba. Ambientato in Giappone, anno milleottocentocinquanta, racconta di gesti simbolici, di gesti sadici, di onore e del codice dei samurai, che forse stanno sparendo dalla circolazione, ma il loro spirito è ancora forte. E’ un film con tanta di quella cazzimma dentro che la metà basterebbe a riempire film per un anno intero. Sguardi della durezza dell’acciaio con cui sono forgiate le tantissime spade di cui il film è costellato. (spoiler e scena memorabile quella del ‘cammino sul sentiero di battaglia con le spade conficcate nel terreno, pronte all’uso‘). Parole intinte nella rettitudine e nella conoscenza del proprio ruolo, sociale e non solo. Gesti secchi che dicono più di tante parole o che esplodono in movimenti di battaglia che sono una danza plastica.
E’ diviso in due parti piuttosto distinte con la prima che richiama naturalmente altri film del passato dove ci vengono presentati con grande abilità narrativa i vari personaggi, la seconda con la lunghissima sequenza della battaglia che è meravigliosamente coreografata con gli uomini che si sporcano di sangue e sudore e fatica fino a quasi non restare in piedi ma pronti a tirare l’ultimo fendente con la spada sporca di sangue. Epicissima. Forse davvero troppo lunga.
Piuttosto scuro come girato con la telecamera che gironzola intorno agli interpreti, senza sconti, pure la telecamera con la cazzimma.
Spoiler e scena indimenticabile: mi pulisco la spada del sangue dei tuoi uomini, poi ti affronto.
Il film purtroppo credo uscirà subito dalle sale. D’accordo che era infrasettimanale ma cinque persone son pochine eh. Non sapete cosa vi perdete, stolti.
(nota bene: l’uso del termine cazzimma in questo post è il seguente: avere le palle d’acciaio. Probabilmente non è l’uso corretto ma c’è una diatriba in corso del quale non importa a nessuno. Ci fosse un esperto di ‘linguaggio partenopeo et affini’  i commenti son lì apposta…)
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