(un giorno sul set di un ‘cortometraggio’. un ‘teaser trailer’ pieno di parole a caso)
Entriamo, vieni.
C’è un corridoio illuminato da luci fioche. Il pavimento di parquet, si sentono i tacchi battere il tempo dei passi. A sinistra, una vetrata che mostra in perfetto ordine una parata di vini pregiati. A destra, tavoli quadrati davanti a una parete di cartongesso con aperture rettangolari, piccoli sacrari leggermente illuminati da luci soffuse che ospitano bottiglie dai nomi pieni come il loro gusto.
Avvicinati, guarda l’etichetta. Barolo. D’annata. Dietro, vedi qualcosa. Una luce potente, un fascio di bianco che incontra un paio di orecchini e un ricamo di raso sul reverse di una giacca.
Andiamo a vedere, dai.
Oh, guarda c’è una raffinata sala da pranzo presa in ostaggio per un giorno da un manipolo di ragazzi armati di lampade che producono artificiale lucenza, telecamere pronte per inquadrature ardite, comparse da gran sera e una coppia al centro.
Paiono circondati. Mettiamoci comodi, teniamo poco posto.
Ecco, arriva il regista. ‘Speriamo di volerci ancora bene dopo questa giornata‘ dice, l’emozione che gli tormenta le mani. Telecamere formano un semicerchio, stringono nella loro morsa visiva il campo d’azione, le distanze calibrate. L’occhio pronto. Parlate sottovoce o fate finta di parlare e le comparse ai tavoli si tramutano in pesci che muovono le labbra, in un gesto di pura finzione. Un attore per un giorno impara in dieci minuti le basi del mestiere, aprire un menu davanti ai clienti è un gesto di rispetto per l’avventore. Un movimento arioso e gentile del braccio per mostrare pagine che descrivono un mondo di sapori, come ad aprire un sipario. Ai tavoli, brillanti luccicori, scarpe lucide, giacche eleganti, compostezza e una placida allegria.
Senti, tacchi che rimbombano sul parquet.
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