Cartonati sugli spalti, anche no

Il calcio è poca cosa rispetto all’enormità di quanto sta succedendo, a me manca e mancherà molto andare allo stadio, anche solo pensare di poterci andare, però tutto questo parlare di riaperture, campionati decisi in assemblee, di probabili ricorsi, è inaccettabile.
In Corea del Sud hanno ripreso la settimana scorsa. Vietato sputare per terra, vietato esultare troppo per un gol. E un calciatore se non sputa per terra, che calciatore è, un calciatore che non può festeggiare a dovere causa divieto di abbraccio, che calciatore è, che immagine può dare – con che spirito scenderà in campo, poi – ma soprattutto, senza la gente sugli spalti, che calcio è?
In Germania, ripartono oggi, con tante piccole regole e il rischio di doversi fermare ancora per nuove positività. I dirigenti dicono che bisogna ripartire per il business eppure il calcio è un business piuttosto particolare, senza tifosi sugli spalti non ha molto senso, tifosi che comprano biglietti e birre e ricambiano con la passione che dovrebbe essere il motore di tutto. Chiaramente ci sono tante persone che lavorano nel calcio, per queste persone e per i calciatori che non hanno contratti da sei cifre in su, andrebbero previsti aiuti economici, ci mancherebbe e proprio per loro dovrà ripartire l’industria calcio. Solo, non adesso.
In Italia sono settimane che si parla fin troppo, di ripartire, fra dubbi, ripensamenti e manfrine. Media ovviamente interessati dicono che il calcio deve ripartire per portare allegria e quella distrazione che serve durante questo periodo di convivenza forzata con la pandemia. Allegria.
Allegria in stadi deserti con il rischio di assembramenti al di fuori degli impianti? In bar semi vuoti dove vedere le partite a una discutibile (e irrealizzabile) distanza di sicurezza? Allegria in cartoni piazzati sui seggiolini, con le facce degli abbonati per una falsa sensazione di normalità? Oppure replicata in genuini cori pre registrati da sparare negli altoparlanti? Allegria in serate in casa a commentare su whatsapp o sui social, partite probabilmente con pochi tackle, la voce del telecronista a coprire il silenzio di un irreale stadio vuoto? Che amarezza.
Si leggono pochi pareri dei calciatori (che me li immagino a saltare di testa senza il timore di una gocciolina che vola insieme all’avversario) e ancora meno pareri di tifosi, eppure a Roma e Bergamo le curve hanno fatto sapere con chiarezza il loro pensiero. Non ripartite. Anche per una forma di rispetto.
Nel mio piccolo, parlandone brevemente con altri amici appassionati, ho notato che questa eventuale ripartenza interessa a pochissimi, perfino gli amanti del calcio in tv sono solo preoccupati di vedere uno spettacolo triste, tanti over senza pathos nel gioco.
Nel mio piccolo poi, dal mio posto allo stadio in abbonamento da anni, mai, riscrivo, mai, vorrei essere a casa una sera e scoprire che la Reggiana è stata promossa in serie B a tavolino. Spegnerei il telefono, direi ‘ah, ok’ e la cosa si chiuderebbe lì. Che mestizia.
I campionati si fanno e si vincono, o si perdono, sul campo. Se arriva una cosa enorme, imprevista, si annulla tutto e va bene così. L’hanno fatto in altri sport, spostato un’Olimpiade, insomma. Capisco i tifosi della mia squadra che sui social si battono per il ‘diritto sportivo’ (abbastanza contestabile se i campionati si vincono sul campo) e capisco bene il Presidente e la società che devono fare il loro lavoro, tutelare squadra e investimenti, ma no. La promozione la vorrei guadagnare e vedere sul campo, magari in trasferta, magari dopo la fine della partita, occupando autogrill a imbruttirsi di gioia oppure vedere la promozione tanto sognata nel nostro stadio e dopo fare i cortei come quando eravamo ragazzini, andare in centro e fermarsi in tutti i locali a cantare e gioire con la città. Non a tavolino, non con un comunicato, non adesso che anche la nostra provincia è stata molto colpita dal virus e non così, non decisa in assemblee dove la voce, sì, vuol detta questa parola, del popolo, non può esprimersi.
Quindi. Fermate tutto. Non ripartite adesso, senza gioia, dopo mesi di amarezze. Aspettate settembre quando i protocolli di sicurezza saranno migliori, quando se ne saprà di più di questo virus, quando sperabilmente ci saranno tamponi per tutti, evitando quei commenti sui privilegi dei calciatori oppure ci sarà un farmaco che sarà distribuito prima alle società di calcio alimentando nuove polemiche.
Siate saggi. Siate svegli e svelti, lassù ai ‘piani alti’. È anche una opportunità questa, per essere migliori e vicini alla gente che, secondo me, non capirebbe. Siate vicini a chi vi segue e il famoso “Pil del calcio” aspetterà come aspetteremo tutti tempi migliori, impegnandoci tutti in tempi difficili. Siate creativi. Fermarsi adesso per pensare al futuro, pochi mesi in cui pensare a soluzioni nuove, per esempio, abbonamenti da sostenitore anche a porte chiuse, mi sa lo faremmo, abbinamenti dedicati per singole squadre, ovviamente a costo ridotto, possibilità di avere un esiguo pubblico sugli spalti, a distanza e in sicurezza, anche rifarli, questi benedetti stadi, eccetera.
Dai. Una sola assemblea. Tutto finito, per ora. Lo slogan è facile, è già scritto in tutte le lingue, ripetuto in tutti i paesi. Ripartiremo insieme.

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