La via centrale è un fiume di flussi che convergono da direzioni opposte, affluenti da due sponde.
Da una parte, brevi gallerie di pietra che conducono a un mare stretto e profondo.
Sono deserte a quest’ora quando il sole si è già lasciato alle spalle una scia arancione, alcune sono chiuse, altre diventano giaciglio notturno per barche stanche di una giornata di mare. L’altra sponda è un lungo marciapiede dove si riflettono vetrine lucenti e invitanti dove alcune offrono già lana e pellicce con l’aria condizionata all’interno a simulare temperature almeno autunnali, alternate da locali in occupazione di suolo pubblico con mobilio di legno, bottiglie e cestelli allineati e corpi da esposizione, tutto avvolto da musica confezionata di bassi aggressivi.
Lo struscio della strada si assorbe in cicaleccio di chiacchiere e nel ronzare lontano delle onde ritmiche che si infrangono sul bagnasciuga, libero di turisti accaldati, vivo soltanto per ospitare baci segreti di pochi amanti.
Lì in mezzo c’è una ragazza. Il suo compagno le stringe la mano, quasi un segno di proprietà, guidandola con gentili strattonamenti nella ressa dei corpi. Lei lo segue guardandosi intorno, quasi preoccupata da tutta la gente che li circonda. Sono troppo vestiti per il caldo che stringe alla gola in una sciarpa di umidità.
Là al centro della via c’è un tizio. Ha ancora la sabbia che gratta fra le dita dei piedi e la plastica delle infradito consumata da ore di vagabondaggio marittimo. Ha un cellulare in mano, ha appena letto il testo insoddisfacente di un sms, mentre va verso un aperitivo da prima serata.
In quel movimento di teste, sopra allo scalpiccìo di passi, la ragazza e il tizio si passano vicino. Lì i loro sguardi si incrociano, si ancorano alla corrente del camminamento, le pupille fisse ad indagare in quelle dell’altro, immobili e stupefatte. Qualcuno abbassa il volume dell’audio tutt’intorno, nessun rumore dal mare, nessun rumore dalle casse dei localini. In quel silenzio dimenticano la mano che la sta portando a un incontro col destino e l’attesa per un messaggio che forse non è quello giusto, specchiando nell’altro sguardo la sorpresa di una possibilità, un momento di libertà.
I loro colli si girano, come barche ancorate che seguono la marea di una suggestione momentanea, pupille che restano incastonate una nell’altra, piccoli gioielli che si inseguono finchè come una corda spezzata, l’incantesimo svanisce in uno schioccare di dita. Le onde di schianto tornano a infrangersi gorgogliose sulla battigia, i cicalecci continuano a rotolare sui marciapiedi, mentre l’invisile tapis roulant della pigra passeggiata serale avanza inesorabile. Gli occhi si staccano, procedono verso il loro obiettivo, l’attimo si scioglie come ghiaccio nei bicchieri da cocktail, in un luccicante miraggio serale che l’afa del mattino dopo renderà subito opaco in un’estate che va a finire.
Ed è subito Natale (op.cit.)
(per foto, ispirazione e citazione: grazie grazie UgoRob)