Al cinema
Inside Out
Bello bello, non epocale come sembrava dai ‘rumors’ oltreoceano. O non bellissimo come poteva essere? La Pixar fa un film decisamente per adulti, ma non potendo perdere il pubblico dei piccoli, lo fa giustamente senza approfondire i momenti migliori che sono quelli che un cinno di otto anni non coglie, per ovvi motivi. Peccato per noi adulti. Comunque, da vedere, divertente e assolutamente brillante nella descrizione dei personaggini che abitano nelle nostre teste. #teamstregatto e #teamblue e quattro stelle con una pallina blu.
Ps.: ciao, CEO della Pixar. Si può avere un documentario di un’oretta uguale uguale ai titoli di coda? Magari su personaggi famosi? No? Ok. (ma tanto mi ci gioco lo stipendio che arriverà il sequel)
Ps2.: il corto prima del film, è il peggiore degli ultimi anni, peccato.
Ps3.: approfondimento psik, qua
Sicario
(queste righe sono scritte senza pensare a Emily Blunt che nella mia classifica delle donne più belle è nientemeno che al numero uno)
Sapete chi è Roger Deakins? Uno che fa il direttore della fotografia spennellando bellezza sulle pellicole. Con uno così, mezzo film lo porti a casa. Visivamente e registicamente eccellente, che Villeneuve si conferma un bravo autore. Poi Brolin e Del Toro son perfetti nei loro ruoli di frontiera, nella guerra di frontiera con i Narcos.
Duro, teso, coinvolgente. Gran film da quattro stelle e una pallottola sul giubbotto antiproiettile, guardatelo.
(e poi c’è Emily Aww Blunt, che vabbé, è brava e bellissima anche in t-shirt non stirata)
Sul divano
La lucha, la plata, la DEA, el plombo. Netflix goes colombian prima di arrivare in Italì e uccidere la socialità. La serie è buona, il lato documentaristico la penalizza un pochetto, Don Pablo è bravissimo, ci sono momenti alti e tanta lucha y plata y plombo. Non dico niente sull’ultimo episodio altrimenti il blog crolla sotto lo spoiler. Guardatelo in originale vi prego, perdersi il passaggio continuo fra spagnolo (metà serie è in lingua originale narcos) e inglese, non andrebbe bene.
Da vedere (ma tre stelle e mezzo).
Cinque canzoni in cuffia
Beirut – Perth
oh, niente da fare. Quaggiù le marcette e le trombette di Zach fanno sempre centro e piazzano sorrisi necessari. Tipo, una canzone che parla di una spiaggia australiana o forse no, non importa.
The London Souls – When I’m with you
mettimi in cuffia un disco che riporta agli anni settanta e di solito io son contento. questi tizi, che son poi di NY, mischiano blues, surf, rock e non saprei scegliere una canzone in particolare. discone.
Battles – Wall Street (remix)
a settembre ho avuto un mezzo trip con l’electro music boom boom. fra i vari remixes e pezzi vari che ho ascoltato, questo, seppur vecchio, l’avrò passato decine di volte. un andamento da colonna sonora per un 007 da nightclub. poi è uscito anche il nuovo album dei Battles che finalmente tornano a fare bene, ma metto questo brano.
Albert Hammond Jr. – Losing Touch
ci mancano gli Strokes? No, però tornano, ma prima il suo chitarrista ha fatto un disco con questo pezzo che gasa con le solite chitarrine sbarazzine e un sing-a-long che fa sempre bene.
The Weeknd – Real Life
una ballatona coi violini soul, perché no?
Sul comodino
Lascia stare la gallina – Daniele Rielli
Ne avevo accennato nella playlist di agosto e ora posso confermare. Questo libro è una cannonata. Il mese scorso è uscito un numero di ’24’ (supplemento intellectual-chic del sole24ore) dove oltre all’anteprima del nuovo libro di Franzen (hype assurdo), c’era tutto un discorso, piuttosto alto, sul perché i romanzieri italiani non producano il grande romanzo, quello che rimane, quello che fotografa il momento e ti dice a che punto siamo, mentre in America ce la fanno. La risposta, sintetizzo, è che le trame italiane appiccicano gli avvenimenti storici alle storie personali che narrano in tentativi ‘forzati’ di produrre un romanzo Grande, che rimanga. (mi son spiegato? no? eh ho, ve l’avevo detto che non son capace di scrivere di libri).
In questo libro, scritto da Quit the doner, blogger che definire blogger è molto riduttivo, la storia è quella che conta. Però attraverso le avventure dei due protagonisti ‘criminosi’ si leggono in controluce molte caratteristiche italiche. Ma veramente tante. La corruzione perenne anche se minima, la famiglia, il territorio, l’arrivismo, i mezzucci, i tradimenti, il giornalismo piegato alla politica e un potere cinico e padrone, in una fotografia esatta di quello che è, nel profondo, il modo d’essere del nostro paese.
Eccolo, quindi, il grande romanzo italiano. Scritto da dio, divertente, intelligente, quasi perfetto. Un librone, davvero. Fossi un produttore cinematografico, investirei tutto, prenderei due attori sconosciuti ma con le facce giuste e farei un filmone con un minimo, ma proprio minimo, di trattamento di sceneggiatura. Chissà che qualcuno non lo faccia il film. Forse meglio di no, potrebbero perdere il senso dell’opera…
Cinque stelle, con lode.
Le immutabili macchie del leopardo – Kirstopher Jamsa
Si vede che settembre è il mese dei libri belloni, perché anche questo non sarà da sottovalutare nella ovvia e giusta personale classifica di fine anno. La storia di due amici quasi colleghi scrittori che si fiutano, si stimano, si perdono eccetera. In mezzo, una donna, la letteratura, un gusto narrativo e una forma impeccabili e un finale molto bello.
Quattro stelle e un sospirone.
La tentazione di essere felici – Lorenzo Marone
Mi piacciono gli elenchi e chi li scrive. Mi piace chi dice ‘mi piace’. Mi piacciono i libri con protagonisti gli anziani (anche se a tratti esagerano nel ‘te la spiego io com’è la vita’). Mi piace questo libro, con una storia semplice, normale, ma piena di cuore dentro. O sono rimbambito io oppure tre stellone e mezzo.