Il titolo del post poteva essere “365 giorni senza fumare, e sto quasi bene”. Oppure doveva essere “Come smettere di fumare in cinque comode mosse”. Poi ho pensato fosse uno troppo celebrativo, l’altro troppo da manuale di auto aiuto oppure da lancio pubblicitario di uno di quei corsi dove ti aiutano a smettere che serviranno ma forse no, senza parlare dei palliativi in commercio, surrogati di una dipendenza che non potranno mai fornire alternativa valida alla sigaretta, privi del gusto, del gesto, dell’odore, di tutto quello che di buono ha il fumare.
Perché miei cari fumatori, noi lo sappiamo, fumare è bello. Ammazza, ma è bello.
Quindi se volete smettere, la soluzione può essere varia, ma quella che vince, secondo me, è smettere di botto. Così. Ciao ciao.
Da un giorno all’altro.
Per smettere di botto però ti devi preparare, devi volerlo ma prima lo devi pianificare, devi auto convincerti con destrezza, lentamente. A meno che, ahimè, non te lo imponga un dottore, il che è male, ma fortunatamente non è stato il mio caso. Per volerlo devi iniziare a pensare ‘ok, smetto‘ ogni giorno, anzi ogni ora. Il giorno che ti svegli dopo che ti sei scolato troppi drink e hai fumato il pacchetto in una sera e ti senti i polmoni che sono due mattoni di quelli grossi, lo puoi pensare, puoi dire senza fiato ‘Cazzo, bisogna che smetta’ ma dopo un paio d’ore ti accendi una sigaretta e dici ‘Bé, cosa vuoi che sia‘ e assapori quel primo tiro che anche se fa schifo ed ha il sapore del male, ributta su tutto il vizio della sera prima.
E parlo di fumatori seri, quelli che dieci sigarette in un pacchetto forse non bastano, quelli che hanno sempre un pacchetto di scorta e si arrabbiano con se stessi se le finiscono e gli tocca scroccarle, perché per loro non avere le sigarette è una cosa gravissima, un’assenza insopportabile.
Per convincerti a smettere non aiutano le immagini che hanno messo sui pacchetti, ammettiamolo. Se le guardi per trenta secondi e hai un minimo di auto consapevolezza pensi che il buco in gola di una di quelle immagini tu non lo vorresti avere, così come le dita dei piedi scarn…oddio che brutte scene, ok. Però poi pensi ‘a me non accadrà‘ e bon, ne accendi una.
Puoi ridurre le sigarette. Anche questo è un sistema. Però se riduci, prima o poi scatta il momento che le tre quattro al dì, diventano le venti al giorno, quando il giorno di tensione, l’arrabbiatura, oppure un giorno di noia in spiaggia, innesca il pensiero sbagliato.
‘Ne fumo una cosa vuoi che sia’.
Sia, che dopo due ore te ne sei fumate quattro e tanti saluti ai propositi e riparti da zero come un castello di sabbia crollato dopo un’onda improvvisa.
Ora, puoi non fidarti di me che è la seconda volta che smetto.
La prima, non ho toccato una sigaretta per cinque anni e tre mesi e poi ho ripreso, dimostrandomi saggio e intelligente, ma devi smettere, per smettere.
Non smettere dieci ore e scroccare una sigaretta all’amico, non fumarne due al giorno che tanto ‘cosa vuoi che facciano’ che è una tipica frase di negazione della verità tipo quando uno inizia un discorso mega razzista dicendo ‘io non ce l’ho coi negri‘ ecco, per intenderci, ma:
ti dico un paio di cose.
Notoriamente ci sono sigarette difficili da togliere, per esempio quella che accendi di riflesso dopo un caffè oppure dopo un amplesso o ancora mentre discuti con amici fra un drink e l’altro (quello è un po’ alcoolismo ma ok) ma sono sigarette troppo banali seppur molto sincere (trattando la sigaretta come una compagna, ovviamente).
Il grande scoglio per smettere veramente di fumare sono due tipi di sigarette. Le famose paglie meditative e la subdola sigaretta della paghezza.
Le paglie meditative sono di solito associate a proponimenti o a panorami. Esempio: dietro casa mia ci sono serate che il tramonto è molto bello, con arancioni dai pantoni strani, scie chimiche complottiste che attraversano il cielo, le colline che disegnano un profilo ondulato che si staglia nell’azzurro calante verso la notte…insomma, poesia spicciola e bei tramonti che, come noto, con la sigaretta sono ancora più belli. E ti metti a pensare magari e pensi di stare pensando una cosa bella e quindi fumare in quei momenti è altamente appagante.
La sigaretta della paghezza è forse la più difficile da togliere, perché è molto personale e generalmente solitaria. La accendi alla fine di una riunione che è andata bene, senza nessuno intorno; la aspiri sul balcone mentre tutti i pensieri se li porta via il vento insieme al rivolo di fumo; la schiacci per terra dopo una breve passeggiata dove non hai pensato a niente se non a fumare; ognuno ha il suo momento, in cui fumare è un premio, non è un vizio. Per me per esempio una delle più buone era a notte fonda, tornato da un concerto mi fumavo una sigaretta guastandomela un sacco, le orecchie ancora rimbombanti di musica e urla, i sensi appagati.
E poi, perdi peso. Non sembra ma arriva un momento in cui la mancanza di pacchetto e accendino non è più soltanto un rendersi conto che una parte di te (o la mancanza di una parte di te) è svanita, ma quell’assenza ti fa dimenticare la sua necessità, come quando pensi in continuazione a una ragazza e poi PUFF questa non la pensi più.
Quindi ti trovi senza accendino e senza sigarette. Pochi grammi in meno e tanto spazio in più.
La faccenda che uno ingrassa se non fuma, dipende. All’inizio son dimagrito, dopo ho messo su qualche chilo, ma colpa delle birrette, mica del fumo. Credo, boh.
Oppure, certo, per aiutarti a smettere puoi pensare alla situazione economica. Cinque euro al giorno in più in saccoccia, con bonus di un eurino al giorno perché se smetti di fumare, smetti anche di bere almeno un caffè. Ok, magari ti fai fuori un pacchetto di cicche o liquirizie al giorno ma alla fine di un mese qualche soldino lo hai risparmiato. Ci sono ovviamente app per calcolare il risparmio economico, ci sono app per tutto.
Il problema è la volontà. E la voglia. Perché ha ragione un mio amico saggio. ‘Un fumatore resta un fumatore‘.
Però viene in soccorso un altro aneddoto, di un altro amico che mi ha raccontato di suo zio che ha smesso vent’anni fa e ogni volta che vede uno accendersi una sigaretta gli viene voglia. Eppure non la accende, ben sapendo il danno di una sola sigaretta.
E’ quello il trucco, quella la temibile soglia. Sembra poi difficile ma non lo è così tanto, cioè basta mettersi lì e pensare ai vantaggi o alla salute o alla…
Sì, una bella rottura di palle, per un fumatore.
Quindi, mi dedico questo flusso di coscienza, non di Pirandelliana memoria, perché son passati 365 giorni e non ho fumato una sigaretta ma so bene di averne ancora voglia. Eccome.
Nonostante ciò, conservo ancora in macchina l’ultimo pacchetto con dentro dieci sigarette che ormai saranno ammuffite oppure le Camel saranno diventate – ‘it’s toasted!’ – Lucky Strike ma anche Don Draper smetteva di fare pubblicità alle sigarette e se Don fosse vissuto oggi forse avrebbe scritto da qualche parte, in un post sotto falso nome, che fumare fa male e come smettere. Non che io sia Don Draper, mi mancano stile, ciuffo, talento e capacità di reggere il bourbon, però questo post vagamente celebrativo intanto l’ho scritto, scaccio la voglia di fumare una sigaretta e spero passino almeno altri cinque anni senza, spero…