…e allora si va. Per la seconda stagione consecutiva, si va in finale.
Con i riccioli che ballonzolano di Della Valle che fa la ‘faccia cattiva ™‘ e mostra i muscoli mentre buca le difese in penetrazione. Si va contro Milano, con quell’immortale trentanovenne di Kaukenas che danza in terzo tempo, alza la parabola e segna per noi. Si va con la grinta di De Nicolao, lillipuziano dal cuore grande in mezzo a giganti che se lo vedono sbucare da chissà dove, coi passettini di Polonara che poi, a un certo punto del match, vola, stoppa, schiaccia, mister highlights, ci gasa bene sempre.
Saremo in piccionaia a guardare Silins fare a sportellate, reggere l’impatto con gente più grossa di lui, magari metterla dall’arco o affondare lo schiaccione come l’altra sera col palazzetto vecchio, sporco e vociante che vibrava dall’entusiasmo. Ci sarà l’urlatore che non capisce niente di basket ma è fondamentale per la cabala e l’umore del settore, quando lui si esalterà per un movimento di Lavrinovic, suo idolo di esperienza e magie lituane, sapremo di essere sulla giusta via. Ci sarà l’ostacolo ‘+5’ il massimo di divario nel punteggio dove essere sereni, che già a più quattro, il palazzetto avrà bisogno di Xanax sotto forma di palle rubate, sporcate, rimbalzi agganciati, per riaccendere la speranza, che siano passati due minuti o due quarti. Saremo in apnea davanti alla tv che il Forum è un postaccio per vincere, sperando nei movimenti giusti di Pietro My King Aradori che con Avellino è stato temuto e forse era un po’ stanco ma le sue mani sono d’oro e Repesa avrà un problema.
Servirà tutto. Servirà l’energia delle gambette veloci e della difesa aggressiva di Needham, arrivato da poco ma già dei nostri. Servirà la mole e l’espressione smarrita di Golubovic per avere peso sotto canestro. Servirà il recupero di Vereemenko, pilastro fondamentale contro i bruti milanesi. Servirà un grande allenatore, ma quello ce l’abbiamo. E’ il tipo che pesta le sue stringate sul parquet quando un giocatore difende appena molle, che si sbraccia in maniche di camicia per chiamare un gioco, ha gli occhi spiritati, il piano partita preciso in testa, per poi uscire dal palazzaccio facendo il segno di Churcilliana memoria con le dita a’V’ che vuole dire ‘ce l’abbiamo fatta‘ ma anche due volte di fila in finale. Guardandolo, ho pensato che Menetti non ha abbastanza considerazione sui media, la provincia ripaga col cuore dei suoi abitanti non con titoli sui giornali, ma avrà per sempre un grande spazio nella nostra memoria, spero possa bastargli.
E speriamo bene.
Che siano un paio di settimane in cui cullare questo bel sogno che si chiama scudetto. Come compagnia i soliti che ci sono sempre, comunque vada, e anche quei gufi orridi e incompetenti, con le dita pronte a scrivere su bacheche qualche loro frustrazione, quelli che dopo gara quattro persa male decretavano la fine della squadra e l’incapacità della dirigenza.
Tifosi da vittoria che dovessimo perdere sarà stata una stagione negativa. Folli. Voi, a parte non capire niente del gioco, proprio dello spirito del gioco, non vedreste una pepita in una pozza di petrolio, ma venite anche voi in finale, anche se non verrete mai, dovesse andare male e dovessimo tornare a lottare per mantenere la serie.
Anche voi, venite da stasera. Venite tutti, simbolicamente, che nel palazzaccio ci stiamo stretti noi, figuriamoci tutti. Venite, tifate e applaudite e insomma, speriamo bene eh.
Comunque vada, è stata un’altra fantastica stagione. Grazie.
Ps.: queste note le ho scritte martedì mattina, subito dopo gara sette contro Avellino, col timore di dovere giocare a Bologna, un po’ in trasferta. Timore scongiurato dopo saggia decisione della società di restare al Bigi, a casa, nella nostra tana.
Come per le altre serie di questi playoff scudetto, che la cabala non conta nulla ma ha la sua importanza, eccovi di seguito le note tecniche sulla finale del mio pard di piccionaia, quello che si alza e urla qualcosa, poi si siede e mi spiega uno schema, ma tanto io spesso non lo sento nemmeno, dalla grande confusione che c’è. Ahah, Daicandom.
Arrivare alla finale scudetto non è mai cosa facile a causa di molteplici fattori che incidono e non poco sul
risultato finale. Fattori che iniziano dal posizionamento finale in stagione regolare, passando dalla griglia playoff, dagli adeguamenti che si devono fare in serie che possono diventare lunghe, fino ad arrivare ai singoli momenti e alle singole giocate all’interno di una singola partita.
Arrivare alla finale scudetto per due anni consecutivi alle volte può diventare proibitivo anche per le squadre meglio allestite.
Reggio Emilia quest’anno ha ottenuto questo obiettivo dopo un’estenuante serie con un’ostica Avellino,
che si è arresa solo a gara 7. Una vera e propria dimostrazione di forza quella di Reggio in questi due anni,
figlia della continuità di un progetto tecnico a lungo termine, fatto di scelte oculate nell’inserire giocatori
adatti al già collaudato sistema di gioco e di un proficuo connubio fra società, squadra e ambiente.
A questo proposito però, è doveroso fare un nome su tutti, ed è quello di Max Menetti.
Noi che lo abbiamo visto crescere da secondo di Frates, piangere abbracciando il presidente Landi dopo una salvezza in A2 all’ultima partita contro Imola, oggi lo ritroviamo a gestire egregiamente una squadra, partite e serie playoff di alto livello.
Sarà a lui che ci si aggrapperà in questa finale che sta per iniziare, sperando che riesca con le sue capacità a trovare soluzioni per scardinare la solida resistenza di Milano.
Milano è forte ed ha il fattore campo a favore.
Reggio parte un gradino sotto, ma se riuscirà ad evitare scomodi scivoloni esterni che possono minare il morale (in stagione ha perso partite fuori casa con oltre 40 punti di scarto), potrebbe riuscire a fare un colpo esterno per potersi giocare nel proprio palazzetto le partite chiave della serie.
La parola d’ordine per Reggio sarà limitare i rimbalzi offensivi, una difesa press energica, alzare possessi e ritmo partita per correre e trovare tiri e penetrazioni in transizione.
Per Milano invece l’esatto opposto, giocare a difese schierate, tenere ritmi bassi e sfruttare tutto il tempo di ogni singolo possesso, cercando con la circolazione di palla e pnr insistiti di trovare i propri giocatori in comodi 1vs1 o buone linee di penetrazione.
Se in terra lombarda si puó contare su tutti gli effettivi , Reggio Emilia deve fare i conti con la mancanza di Gentile ma dovrebbe recuperare Veeremenko, presenza fondamentale per limitare la pericolosità dei lunghi fisici di Milano in post basso.
Naturalmente quanto detto sopra potrebbe essere smentito dai due coach, ma noi ne saremo ben lieti se a trionfare saranno le scelte del nostro reggianissimo d’adozione Menetti.
E, daicandom!