Palco n.25 OR.1/D (the New Year’s Eve Special)

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A sorpresa, una puntata speciale del ‘Posto Palco’.
In trasferta e per l’ultimo dell’anno.
Nel maggio 2012 Carpi, come tutta la zona della bassa modenese, fu colpita dal terremoto.
Ancora oggi se vai nella Piazza Martiri, vedi che il duomo è in fase di ristrutturazione.
Il teatro invece è stato riaperto a fine novembre e ieri sera c’è stato il concerto di Capodanno.
Il concerto è uno dei due (due?) eventi di musica classica che hanno l’onore di passare sulle reti nazionali. All’ora di pranzo, circa, da Vienna e, da pochi anni, addirittura un bis, in concorrenza con l’appuntamento viennese, dalla Fenice di Venezia.
Per tanti anni, da bimbo ma non solo, con mia madre si è sempre fantasticato su come sarebbe stato bello, una volta nella vita, partecipare al concerto. Ieri sera, anche per conto suo, ma lei il freddo non lo sfida, perlomeno ho ascoltato alcuni dei brani classic capodanneschi dal vivo, ma andiamo con ordine.

La trasferta del ‘Posto Palco’.
Arrivo presto, faccio il biglietto prenotato, classicamente in un palco a spiovere sul proscenio. Faccio un giretto per il centro di Carpi per farmi brinare le mani, poi entro. Nel palco un signore di novant’anni mi saluta. Leggiamo insieme il programma che lui non l’ha preso.
Bernstein, Gershwin, Strauss. Perfetto.
L’orchestra esce in ritardo di mezz’ora abbondante, pare per un malore che ha colto qualcuno dietro le quinte. La platea si riempie e rumoreggia ma tutto sommato pazienta, come il mio novantenne che mi racconta di un paio di concerti di qualche anno fa.
Eccoli. L’orchestra è la ‘Sinfonica Guido d’Arezzo’, quaranta elementi con un parterre di violiniste giovani e fascinose. Una di queste si presenta in minigonna nera e sandalo dorato senza calze, è Capodanno per tutti. Da segnalare anche la presenza di un contrabbassista con capello afro e baffo spiovente che vince il premio del look on stage.

L’allegria per la fine dell’anno.
Pronti, via. Bacchette che rullano e parte un medley di ‘West Side Story’ con tre delle arie più famose, remixate dall’orchestra (una cosa simile a questa) per finire coi violinisti che urlano ‘Mambo!’. (un ‘Mambo!’ bigger than life, è qua, se non hai mai ascoltato o visto ‘West Side Story’ pentiti amaramente e provvedi subito). Gasamento nella platea.
Cambio di palco col mio novantenne che si agita ma lo placo subito. ‘Mettono il pianoforte‘. E infatti. Arriva il solista e l’orchestra esegue il ‘concerto in Fa‘ di George Gershwin. Tre movimenti con molto ritmo e intermezzi pianistici, un saliscendi emozionante e intenso. Mi riprometto di diventare espertissimo delle composizioni di Gershwin e mi pare un ottimo proponimento per l’anno nuovo.

(mentre c’è l’intervallo, ascoltatela)

La platea.
Faccio un giretto per ammirare il teatro dalla platea. Molto bellino e ben curato coi corridoi dove uno alto come me deve stare molto attento a non zuccare e con un sacco di luce. Palchi un po’ scomodi se si è in più di due, ma pazienza. A parte due ragazze sui trenta che passano l’intervallo a spararsi dei #selfie, l’età media è sui sessant’anni e ci sta.
Naturalmente il pubblico ha scelto con cura l’abbigliamento. Il nero domina, vedo un paio di stole e di pelliccione e ho contato una decina di farfallini indossati da signori eleganti, uno molto bello, arancione a pois bianchi super classy.
Premio della serata però a una clamorosa sciantosa cinquantenne che sfoggiava un vestito rosso che terminava come in un tripudio di sbocciamento di rose. Scarpa rossa tacco dieci d’ordinanza, nella scollatura un diamante da non so quanti carati, abbinato a orecchini e anellone con noce bianca. Capello biondo raccolto alla Ivana Trump, sguardo da ‘ammirate, inferiori‘. Al braccio marito con gel nel capello e impagabile giacca coi lustrini su braccia e spalle, una meraviglia di sobrietà, abbinata a mega classy cappotto con interno maculato. Applausi assoluti.
Torno dal mio vecchietto che invece ha i pantaloni di velluto sformati e un maglione rosso festa che gli dona un sacco.

Il valzer per entrare nel 2014.
Nella seconda parte il teatro prende il volo e si deposita a Vienna.
Ascoltiamo quattro composizioni dei signori Strauss. Partenza doverosa col Danubio Blu, seguito a ruota dal valzer che non sappiamo come si chiama ma lo conosciamo tutti (Fruhelingsstimen Walzer-voci di primavera), poi il Kaiser Walzer. Cose che tutti abbiamo ascoltato ma che al buio del teatro assumono un suono diverso naturalmente e pure una forma migliore, senza primi piani di composizioni floreali.
Ovviamente mi partono immagini di balli campestri e sceneggiature ottocentesche ma tralasciamo che ho già dato.
Mentre ascolto mi sovviene di cosa penserebbero gli Strauss della svolta emiliano-romagnola del valzer ma tralasciamo anche qua.
Il direttore d’orchestra esce con un violino e insieme ai suoi fidati si esibisce nella Pizzicato Polka che è cosetta divertente e fa preludio alla Radetzy March.
Il pubblico è così ansioso di replicare il concerto vienenese che sbam! appena parte il pezzo inizia a tenere il tempo applaudendo. Il direttore fa un cenno che è un segnale grosso di ‘CALMA’ ma poi sta al gioco e chiama l’applauso dando il tempo giusto al pubblico. Il mio vecchietto ha un sorriso che lo ringiovanisce di vent’anni e tiene il tempo picchiettandosi una gamba.
Bis, ancora una Radetzky March e poi via. ‘Possiamo andare a casa, buon anno‘ mi dice il vecchietto. Lo saluto e sì, possiamo andare.
Il valzer viennese mi lascia un sorriso enorme in faccia mentre fuori il freddo picchia e i botti iniziano già a sentirsi.
A proposito, buon anno a tutti.
Parappà-parappà-parapà-ppà-ppà. 

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